Metodi diagnostici

Autore testo: Giuseppina Clausi

Per poter procedere ad un intervento adeguato, che sia di semplice pulitura o di recupero, su di un intonaco ammalorato, risulta fondamentale l'accurata diagnosi dei fenomeni di degrado in atto, onde poter intervenire anche sulle cause che lo hanno prodotto.
Il primo passo sarà sempre costituito da un accurato rilievo fotografico, con immagini ravvicinate delle zone deteriorate.
Particolari riprese fotografiche possono essere effettuate con pellicole sensibili all'I.R. tramite cui è possibile evidenziare lesioni o superfici dipinte coperte da depositi superficiali di incrostazioni, come anche alcune forme di attacco da parte di microflora o batteri.
Le riprese con luce radente sono utili per individuare una serie di particolarità come le differenze di livello tra parti contigue, graffiti o motivi decorativi in rilievo, stuccature, rifacimenti, segni di attrezzi adoperati e quant'altro può essere utile ad indicare la storia e la stratificazione dell'intonaco esaminato, specie nel caso in cui si tratti di un manufatto storico.
Caso particolare del rilievo fotografico è il rilievo fotogrammometrico, che serve ad evidenziare, rispetto ad un piano di riferimento verticale, stuccature, distacchi, lesioni, rigonfiamenti, incisioni. Quest'indagine assume un'importanze fondamentale nel caso di superfici affrescate in cui vanno individuate le pontate o le giornate di lavoro, ossia la successione delle zone realizzate in momenti diversi. La superficie analizzata sarà divisa secondo una griglia di riferimento individuata attraverso punti quotati e curve di livello.
Ad un livello di indagine ancora più approfondito si riferiscono le riprese attraverso la fluorescenza UV, utilizzate sempre per rilevare interventi su affreschi o intonaci dipinti, ma anche per individuare l'uso di olii, leganti organici, fissativi in genere o efflorescenze saline non risultanti da altre indagini. A seconda dello scopo da proseguire andranno fissati numerosi pareametri come, ad esempio, la distanza fra superficie e fotocamera, la pellicola da utilizzare, la lunghezza d'onda della radiazione, ecc.
Per gli stessi fini, mediante l'uso di apparecchiature particolari, si può realizzare anche una mappatura termografica della superficie intonacata, che consentirà anche la determinazione di molti altri dati, in particolare: la presenza anche in profondità e la diffusione dell'umidità; strati di intonaco ricoperti da incrostazioni o da successive stesure; piccoli interventi con materiali diversi; parziali distaccamenti tra uno strato e un altro o fra l'intonaco e il supporto; presenza di camini, canne fumarie, lesioni e cavità in genere;presenza di elementi metallici al di sotto della superficie.
E' possibile inoltre risalire all'effettiva apparecchiatura muraria del manufatto, il che può contribuire alla spiegazione di diversi problemi.
L'indagine termografica è dunque uno strumento molto utile, ma presenta anche alcuni svantaggi, come l'utilizzo di apparecchiature complesse e costose, ma anche il fatto che fornisca una documentazione che, per essere archiviata, necessita di ulteriori rielaborazioni e che, soprattutto, ha bisogno di essre interpretata. Questa procedura, a volte, può rivelarsi complessa, proprio a causa delle numerose informazioni che si possono desumere dalla differente temperatura di zone diverse della superficie.
Infine da da individuare la diffusione del collante iniettato al di sotto della superficie distaccata.
Sempre in caso di consolidamento, o per rilevare le zone di distacco, si può ricorrere all'ecospettografia, oppure, quando si voglia stabilire non solo la diffusione del collante ma anche il grado di impregnazione o, ancora in fase di indagine, la porosità del materiale o la presenza di cavità, si possono utilizzare gli ultrasuoni, perchè ad un aumento della porosità corrisponde un passaggio difficoltoso delle onde ultrasoniche.
L'indagine andrà distinta fra zone superficiali e zone più profonde, infatti per indagini superficiali si ricorre all'uso di onde ad alta frequenza, mentre, laddove gli spessori sono più consistenti, è consigliabile l'uso di onde con una frequenza più bassa.
Tutti i metodi d'indagine finora elencati hanno in comune la caratteristica di poter essere effettuati in situ direttamente sulla superficie intonacata, tramite attrezzature trasportabili sul campo, e si tratta quindi di metodi non invasivi; non sempre però è sufficiente limitarsi a questo tipo di rilevazioni, ma a volte è necessario ricorrere ad una serie di analisi da effettuarsi su campioni, che avranno quindi una natura più distruttiva.
Per questo motivo bisogna, nel prelevamento di campioni, attenersi ad una serie di regole e precauzioni volte a rispettare quanto più è possibile il manufatto.
In particolarità la finalità delle analisi necessarie dovrà essere stabilita a priori per poter determinare il tipo di campioni occorrenti, e il prelevamento di questi andrà effettuato da personale specializzato, ossia quello preposto alla conduzione delle successve analisi, e conservanti in appositi contenitori in materiali chimicamente inerte.
Si può fare una distinzione fra prelievi superficiali e prelievi in profondità, dove ovviamente la determinazione di un tipo o dell'altro sarà fatta in base non solo al tipo di analisi da condurre, ma anche alle caratteristiche dell'oggetto in esame perchè il campione ne sia una parte rappresentativa.
I campioni superficiali, di spessore variabile a seconda dei casi, andranno prelevati con diversi strumenti in relazione al tipo e alle condizioni del materiale da esaminare. Si utilizzeranno quindi: scalpelli in caso di materiale coerente (incrostazioni, concrezioni); bisturi in caso di materiale incoerente (polveri, depositi organici, efflorescenze saline); pennelli a setole morbide per materiali per materiali polverulenti (polveri, materiale decoeso); tamponi di carta o di ovatta per le alterazioni biologiche.
I prelievi in profondità vanno effettuati tramite l'utilizzo di carotatrici a rotazione, mantenute a un basso numero di giri, con punte a ghiera diamantata o a placchette di metallo duro, dotate di opportuni meccanismi atte a garantire la perpendicolarità alla superficie.
Vanno utilizzate carotatrici con diametro più piccolo possibile, compatibilmente con le necessità del caso e si dovrà cercare di effettuare i campioni a secco ed in zona prossima a quella da cui sono stati prelevati i campioni superficiali.
L'unica eccezione è rappresentata dai prelievi relativi a materiale non più in opera, che potranno essere effettuati con l'uso di una sega elettrica a disco diametrato.
I campioni così ottenuti serviranno per effettuarte una nuova serie di analisi per acquisire ulteriori informazioni non ottenibili con le indagini in situ.
La prima e più importante è l'analisi al microscopio elettronico, da effettuarsi su sezioni sottili e lucide.
I dati che è possibile rilevare vanno dall'identificazione della stratigrafia dell'intonaco e di eventuali depositi e alterazioni ad informazioni sulle caratteristiche degli elementi che costituiscono il materiale; in particvolare fra queste assumono grande importanza la granulometria e i rapporti inerte/legante.
Lo stereomicroscopio è invece utile per individuare la presenza di films protettivi o fissativi in genere, eventuali resti di colorazioni, tracce di intervento di qualsiasi tipo sulla superficie, alterazioni dovute a forme di attacco biologico; in quest'ultimo caso andranno prelevati campioni di materiale biologico, o dei prodotti di alterazione, da osservare in sezione sottile.
L'uso di questi due strumenti a volte non porta, però, a risultati esaurienti, ma serve senz'altro a determinare in quale direzione procedere per effettuare indagini più approfondite.
Per esempio per quanto riguarda le forme di bioalterazione, qualora l'analisi con lo stereomicroscopio dovesse rivelarsi insufficiente, si dovrà procedere all'analisi in coltura, soprattutto per accertare la presenza di batteri e attinomiceti.
Per una valutazione completa e dettagliata della distribuzione e delle caratteristiche degli inerti si può procedere ad una specifica analisi granulometrica: un tipo di procedimento prevede l'uso del miocroscopio mineralogico per conteggiare i granuli, facendo riferimento ad una scala graduata, in via alternativa si può procedere alla disgregazione del materiale e successiva setacciatura.
Per la determinazione del tipo e della concentrazione dei sali solubili si ricorre all'analisi conduttimetrica, da effettuare obbligatoriamente in tutti i casi in cui si voglia procedere  a metodi di pulitura che comprendono l'uso di acqua.
Per una esatta misura della porosità del materiale, e quindi anche per lo studio delle modificazioni che può aver subito nel tempo, si adopera la porosimetria a mercurio.
Per lo studio del comportamento del materiale rispetto all'azione dell'acqua, si tratti di umidità, pioggia, gelo o inquinamento, si procede invece alla quantificazione dell'assorbimento dell'acqua per capillarità, valutata su di un campione in confronto all'unità di superficie, o della capacità di imbibizione.
Quando si voglia conoscere l'esatta composizione dell'intonaco, ossia tutte le specie minerali che lo costituiscono, per poter riconoscere la natura di alterazione o individuare elementi che petrebbero comprometterne l'integrità futura, si rivela utile la difrattometria R.X. e, in aggiunta o in alternativa, la spettrofotometria di assorbimento I.R., grazie alla quale è anche possibile individuare eventuali pellicole di ossalato di calcio o riconoscere la natura di formazioni organiche.
Nel caso in cui vengano effettuate entrambe queste indagini, è fondamentale il confronto fra i dati ottenuti.

Fonte testo:
R. Codello, Gli intonaci - Conoscenza e conservazione, Alinea Editrice s.r,l.,Firenze, 1996.
G. Rocchi, Istituzioni di restauro dei beni architettonici e ambientali, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1990.