Vitra International Furniture Factory  

Località Weil am Rhein, Germania
Committente Vitra International
Progettazione 1991-1994
Realizzazione 1994
Progettazione Álvaro Siza Vieira con Christian Gaenshirt, Carlos Castanheira, Cecilia Lau, Clemente Menéres Semode, Luis Diaz Mauriño, Rudolf Finsterwalder
Studio associato Architekten GPF & Assozierte, Gunter Pfeifer, Roland Mayer
Struttura Ingenieurgruppe Flosser

Uno stabilimento commissionato dalla Vitra International, la realizzazione di un programma edilizio tendente ad incrementare la superficie destinata alla riproduzione, la collocazione della fabbrica lungo la Charles Eames Street, asse principale del Campus Vitra, costituiscono il progetto di Álvaro Siza che ha per tema la costruzione di uno spazio pragmaticamente formato sulle esigenze della produzione seriale. Il contesto è quello di un complesso industriale in cui distribuzione e connotazione architettonica degli edifici contribuiscono a formulare un linguaggio complessivo reso evidente anche nelle prospettive osservabili dalla viabilità. Le relazioni con l'intorno, a partire della Stazione dei pompieri di Zaha Hadid, fanno di questo luogo una sorta di grande museo di architettura. L'architettura della Hadid alimenta la percezione del dinamismo dei vigili del fuoco, mentre Siza fonda le sue osservazioni sull'assonanza tra destinazione d'uso ed esito architettonico, contrapponendo a quella della Hadid un'architettura ideologica, in cui vige l'assenza di ogni eccitazione e di generiche concessioni al poetico. La fabbrica di Álvaro Siza è una metafora della scansione temporale nella produzione del bene economico, nella misura del tempo e della materia. Nell'edificio la convergenza tra funzione e formula architettonica riecheggia l'immagine degli stabilimenti di Albert Kahn per il Defense Program U.S.A., dove standardizzazione e flessibilità degli ambienti determinavano la monumentalità delle facciate in mattoni di enormi contenitori. Ma l'esito del lavoro di Siza sposta la tensione verso i fabbricati del M.I.T. di Mies van der Rohe dove la sapiente interruzione della continuità delle facciate elimina ogni possibilità d'enfasi. La maglia dei pilastri della struttura in calcestruzzo, che regola l'intero spazio dell'opificio, si ripercuote ovunque rivelandosi anche in facciata mediante profili metallici che, ritmando la cortina dei campi di mattoni ne regola il montaggio secondo le tolleranze delle campate che sono tamponate in mattoni con intercapedine ventilata e, internamente, dalla muratura continua a blocchi. Il telaio di profilati d'acciaio, tinti di bianco, incornicia l'intero sviluppo delle facciate risolvendone la terminazione sommitale, il riquadro degli infissi metallici e l'appoggio sul basamento, distaccando i prospetti dal solido podio in calcestruzzo rivestito di granito portoghese. Nell'edificio i pilastri sostengono capriate reticolari in acciaio, attraversate dagli impianti integrati in un corredo estetico che svincola la superficie indifferenziata di 9000 mq dell'unico livello degli ambienti produttivi. La copertura è realizzata con pannelli multistrato su lamiera grecata, interrotti da elementi traslucidi voltati. Le strutture di servizio contenute nel volume edificato sono in blocchi di cemento, distinguendosi per riferimenti a elementi del paesaggio rurale, come il tetto composto da scaglie. Il padiglione per uffici situato al mezzanino contiene attività estranee alla ritmica delle macchine, e Siza interpreta l'architettura che l'accoglie come la cellula distinta contenuta nella sala di produzione, ma isolata su un proprio livello: un sistema panottico, che permette l'agevole controllo del lavoro a 360 gradi. La struttura in acciaio è sospesa su quattro colonne, la cui rarefazione aumenta il senso di galleggiamento del padiglione. Le scale di collegamento, gemelle e sostenute da montanti d'acciaio rampanti, alludono alle classiche architetture in ghisa. Ma l'ampiezza delle vetrate e la nettezza strutturale collocano definitivamente l'oggetto nel nostro secolo. Álvaro Siza eleva una singolarità a tutela del transito pedonale sulla Charles Eames Street: la pensilina che attraversa l'asse del Campus Vitra si accosta alla fabbrica senza contattarla e la coniuga a un edificio esistente rivestito in lamiera. La pensilina si adatta alle condizioni atmosferiche basculando come un ponte levatoio. La struttura della pensilina è composta da una capriata in profilati d'acciaio, sezione ad H, connessi mediante giunti imbullonati e irrigiditi da piastre saldate. Lo sviluppo delle aste e nodi è equilibrato per determinare una diretta corrispondenza tra disegno della capriata ed entità del momento flettente sostenuto. La copertura della pensilina è in profilati d'acciaio rivestiti da lastre metalliche inossidabili e conserva la curvatura impressa dalla capriata che la sostiene. L'armonia dello sbalzo deriva proprio dalla congiunzione formale tra la catenaria degli sforzi, la capriata e la curva della pensilina. La severa semplicità del cemento grigio, che distingue lo sviluppo del tunnel, sottolinea il passaggio dalle pareti rosso mattone della fabbrica di Siza alla pensilina, fino all'edificio esistente.

Testo di Fabrizio Carloncelli
Estratto da Materia n. 32

Planimetria generale Sezione
Blocco uffici, sezione sulla scala Blocco dei servizi igienici: prospetto laterale