©Gabriele Croppi

Gli opifici di Guido Canali vengono definiti “fabbriche-giardino”, sua personale interpretazione dei luoghi di lavoro, in cui utilizza come materiali allo stesso titolo e per lo stesso fine, cemento, mattoni, acciaio, vetro, prati, alberi, arbusti, acqua, terrapieni, immersi nell’atmosfera composta di luce, aria, terra e cielo, come ulteriori materiali dell’ambiente di immersione. Per ogni opera si può dire quello che Robert Smithson ha scritto per il suo molo a spirale “il luogo riverberò sull’orizzonte come un ciclone immobile e l’intero paesaggio sembrò vacillare nella vibrazione della luce” (The spired jetty, 1972). Accanto al filone degli allestimenti museali – i più importanti in Italia senza confronti – dagli anni ’70 a oggi, Guido Canali sviluppa la sua idea di fabbrica in modo autonomo, senza radici o modelli, perché i casi di Porcinai per Zegna a Biella, Niemeyer per Mondadori a Milano o lo stabilimento Max Mara a Reggio Emilia sono esempi di piccola scala ed episodici. Canali lavora su una maglia compositiva rigorosamente cartesiana, in cui trovano ordine tutti gli elementi secondo un suo linguaggio che è un ricchissimo minimalismo, erede del movimento moderno, del rigore di Mies, della poetica di Kahn, una filigrana di esempi rielaborata in un linguaggio autonomo senza paragoni. Ogni edificio ha una distribuzione rigorosa, ma oltre le necessità funzionali, perché comprende spazi vuoti, interni ed esterni, perché si proietta all’esterno, perché invita da lontano, accoglie dall’esterno del proprio perimetro e introduce in spazi costruiti e aperti, proponendo collegamenti con passerelle aeree, soste in interni luminosi o in giardini nascosti o aperti. Dall’interno espande telai spaziali, e all’esterno importa aiuole, siepi, tappeti verdi, frammenti di paesaggio, il tutto in una straordinaria capacità di controllo della continuità e coerenza. Fabbriche che celebrano la centralità del lavoro secondo la formula del “capitale fisso” integrato al “lavoro libero”.
Edifici composti da volumi compatti, da moduli ripetuti, risultato di una raffinata elaborazione, cui si aggregano pergole, tralicci, quinte, controventi, che si moltiplicano, per cui lo spazio dell’edificio è assai più ampio del suo volume perché addetti, utenti, visitatori vivono nello spazio e non nel volume fisico. Elementi ripetuti per creare ritmi, percorsi costruiti nel verde, superfici piene alleggerite da elementi spaziali sovrapposti, corsi d’acqua come confini, quinte che suggeriscono inaspettate visuali. Con grande spazialità tra gli elementi o negli elementi stessi. Un effetto di leggerezza per gli attacchi al suolo, quelli al cielo o quelli frontali che sono sempre rarefatti con una coerente continuità, che è la sostanza della integrazione al paesaggio. Tecnologie semplici, volumi elementari, perché non c’è bisogno di altro: nessun simbolismo, nessuna complicazione, ma concretezza, la certificazione fisica della solidità dell’oggetto. L’architettura come macchina hi-tech umanizzata dall’integrazione con gli elementi naturali.

Il rapporto interno-esterno non è bidimensionale, limitato alla trasparenza delle pareti, ma è tridimensionale, spaziale, fisico. La riduzione degli elementi linguistici e la essenzialità formale fanno emergere la solidità dell’opera, che è il contenuto di una composizione – oltre la semplice definizione di architettura – del silenzio e della contemplazione: l’architettura come oggetto di esperienza concreta, oltre la seduzione visiva. ”Un atteggiamento di umiltà elementare che permette di cogliere la profonda reciprocità che lega artisti e spettatori all’opera” (R.Krauss, Passagges, 1981, parlando di scultura). Secondo questa poetica, che è ben di più del linguaggio che la invera, Guido Canali ha realizzato in sequenza la Smeg a Guastalla, la Gran Sasso a Sant’Egidio alla Vibrata e gli opifici di Prada a Montevarchi, Montegranaro e Valvigna, coerenti con altri suoi edifici come il dipartimento universitario a Parma e il municipio a Sassuolo. Realizzazioni di grande continuità, in cui il site specific si concretizza nella funzionalità, nella scelta di alcuni materiali, nell’approccio al terreno, nella tipizzazione del paesaggio. Risultati così personali che sono immediatamente riconoscibili, così particolari da essere irripetibili, così astratti da rimanere senza tempo. L’impianto planimetrico è di ampio respiro giocato tra il margine nord dell’eliporto e quello sud del parcheggio esterno. Esempio di sostenibilità, seppur con incremento minimo di consumo di suolo, il complesso viene realizzato sulla sagoma di capannoni industriali dismessi degli anni ‘70, raggiungibili dalla strada provinciale lungo Arno, parallela all’autostrada del Sole. L’intervento di rigenerazione insiste su una superficie di oltre 9 ettari sui quali si porta all’estremo la cura per i dettagli, siano essi architettonici o naturali. Si tratta di uno stabilimento produttivo per oltre 700 persone che quotidianamente si recano al lavoro in automobile; da cui la necessità di fluidifiare e ottimizzare i flussi interni, visitatori-dipendenti-logistica, con accessi veicolari separati e aree a parcheggio differenziate tra loro. Particolare quella “di monte” disposta sotto pergolati che assecondano il naturale declivio del terreno, segue l’area a ovest per l’amministratore delegato, poi a valle, l’area parallela alla strada provinciale per gli ospiti esterni, infine a sud est quella per i dipendenti e sempre sullo stesso lato il parcheggio per i fornitori unitamente alle aree di carico e scarico merci. L’accesso pedonale è a sud-ovest e avviene attraverso due passerelle di vetro in leggera pendenza, indispensabile per superare il dislivello e la vasca d’acqua. L’ingresso è dal portico, fulcro di collegamento tra l’area di sosta e quella operativa. I parcheggi cingono perimetralmente la fabbrica separandola dall’esterno. A sottolineare la cesura concorrono sia la distribuzione funzionale che il trattamento superficiale dell’involucro: uniformi pannelli di calcestruzzo armato con tessitura a fasce orizzontali in tinta unica chiara.
Il piano terra è un recinto, un ampio spazio staccato dal mondo altro, quasi luogo sacro all’interno del quale si articolano le funzioni. Dall’assetto planimetrico la direttrice spaziale ovest-est, originata dal pergolato esterno, prosegue rettilinea fino al giardino d’inverno antistante la mensa separando le funzioni a nord, quali uffici e cucina, dal settore tecnico-operativo produttivo dei magazzini, dell’archivio e degli impianti tecnici posti a sud. Il piano superiore è il volume creato dall’accostamento di 4 parallelepipedi a base rettangolare regolare ruotati di 45° rispetto alla piastra sottostante e separati tra loro da tre volumi lunghi sottili contenenti locali di servizio, che si attestano per gli scarichi alla spina trasversale del piano inferiore. Oltre al vantaggio formale, la rotazione è funzionale alla migliore esposizione solare per la porzione trasparente degli shed. Gli spazi di risulta tra la rotazione della piastra inferiore e il volume superiore sono giardini pensili di forma triangolare. Si potrebbe definire un terzo piano, delle coperture, dal quale apprezzare l’articolato incastro delle superfici opache, del tetto vetrato e inverdito della mensa, dell’intreccio impiantistico.

Il trattamento superficiale dei fronti è diversificato: le porzioni opache degli uffici sono rivestite in lastre di cemento rinforzato, mentre i collegamenti verticali e le lame strutturali hanno i fianchi ricoperti con pannelli a doppia coibentazione poliuretanica interna; il corpo a gradoni è in cemento armato faccia a vista tinteggiato in colore bianco; la facciata ovest vetrata è schermata da un’intercapedine inverdita e da un pannello cieco. Alcuni collegamenti verticali quali scale, montacarichi e ascensori sono blocchi posti all’esterno per non interferire con la continuità degli spazi. Tra i blocchi del piano superiore le travi cassone si proiettano verso l’esterno scavalcando il muro di recinzione a formare tre landmark che portano l’insegna della committente.

COMPLESSA COMPOSIZIONE DELLA FACCIATA OVEST
L’impianto strutturale è prefabbricato, un sistema modulare di calcestruzzo sorretto da pilastri metallici che, integrandosi con acciaio e vetro, ha garantito il contenimento dei costi e la riduzione dei tempi di realizzazione. Le caratteristiche costruttive rivelano un forte rigore, un ricercato minimalismo funzionale supportato da sistemi tecnologici adottati che spaziano dal contenimento energetico all’utilizzo di pannelli solari, dal recupero di calore e di acqua piovana alla distribuzione dell’aria a portata variabile fino all’attenuazione del rumore interno; dall’illuminazione a led alla sicurezza idraulica della zona.
A partire dall’orientamento nord/sud, ottimale per la copertura a shed dei quattro laboratori posti al piano superiore, paralleli ma autonomi, lo streben progettuale si concretizza nella volontà di offrire comfort al fruitore. Da cui le facciate vetrate e opache, le pergole con le schermature a tutta altezza in rete metallica, le vasche di terra come balconi sospesi, inaccessibili, che stanno ad assecondare alleggerendolo il rigore della maglia costruttiva.
In particolare, la doppia maglia della facciata ovest traduce il concetto di Semper 1854, l’architettura è pura arte inventoria, diventa essenza del progetto e icona del marchio Prada: eleganza, essenzialità, poetica. I prodromi lessicali sono da ricercare nelle serre della metà dell’800, nell’audacia costruttiva, nella delicatezza che si viene a creare tra le partizioni metalliche e le mutevoli architetture arboree. Componente transitoria fra interno ed esterno, la facciata ovest assume per la sua composizione e costituzione un nuovo connotato che aggiunge e alleggerisce. Al concetto latino di facies (funzione rappresentativa dello spazio urbano) pragmatico, materico, si accosta quello dinamico e attuale di verde verticale in un equilibrato rinnovamento ritmico. La maglia compositiva su cui si innesta il verde come materiale concettuale, seppure mutevole e ornamentale, costituisce una seconda pelle al sistema multistratificato della vetrata.

VASCHE D’ACQUA PLURIFUNZIONALI
L’inserimento dell’elemento liquido contribuisce a fare il primo passo verso la certificazione di sostenibilità ambientale, poiché soddisfa le Direttive Europee per il risparmio delle risorse idriche (direttiva quadro in materia di acque, direttive Agenzia europea dell’ambiente) attivando le strategie di crediti utilizzabili per le certificazioni nazionali (ITACA) e internazionali (GBC, LEED). Data la prevalenza dell’involucro trasparente e l’orientamento nord/sud, con esposizione ovest di pareti vetrate per attenuare e mitigare l’effetto serra, oltre ai sistemi di mandata e ripresa aria con porzioni interne a vista, il sistema di raffrescamento è pensato come pompa di calore in sommità con condotti e unità esterne in copertura integrate da inverdimento verticale. La funzione di stoccaggio di energia come processo naturale è stata demandata ai bacini d’acqua che, in tre i punti, catturano l’attenzione: la grande vasca parallela al tracciato dell’autostrada, quella sotto la scala del giardino di inverno e ai piedi della facciata ovest.
Il bacino sostenibile contribuisce alla climatizzazione ambientale, alla produzione di acqua calda sanitaria, oltre a svolgere funzioni di stoccaggio idrico di ragguardevole capacità (ca. 500 m3) e di scambiatore di calore a cielo aperto. La superficie su cui si estende è pari 800 m2 e volendo trovare una equivalente quantificazione in termini energetici si può dire che il bilancio ambientale del bacino sostenibile genera una potenza termica di circa 250 kW, parimenti all’impegno di un centinaio di alloggi in classe A e consente di evitare l’immissione di 25.000 kg di CO2 annui, equivalenti a 600 alberi a medio fusto.

LE TRAVI CASSONE
La distribuzione impiantistica meccanica ed elettrica, i percorsi pedonali dei dipendenti da e per i parcheggi e ancora verso i giardini pensili interni, allo stesso tempo fondale verde rasserenante per chi lavora e meta di percorsi-relax, definiscono il sistema delle travi cassone, tra loro parallele, sia struttura che tracciato di impianti. Le lame che sporgono sulla sommità del corpo a gradoni sul fronte esterno verso la strada provinciale, le cosiddette travi-cassone, sono elementi reticolari tamponati esternamente da pannelli che conducono le canalizzazioni degli impianti provenienti dalle centrali a innervare l’intero fabbricato. Gli spazi tecnici in copertura ospitano le UTA che restituiscono l’aria trattata attraverso i canali tramite le travi cassone. Vengono in tal modo alimentati sia gli shed dei laboratori al piano a quota +8,10 m, sia le discese ai piani sottostanti. Le travi cassone ospitano anche i canali per la raccolta dell’acqua piovana dell’intera copertura a shed e, seguendo un percorso inverso rispetto a quello degli impianti, la conducono verso l’esterno, di nuovo verso il corpo a gradoni frontale, attraverso una generosa tubazione appesa al di sotto della trave reticolare. Il percorso degli impianti è replicato dai percorsi pedonali di accesso in quota provenienti dai parcheggi di monte e dal camminamento in sommità al corpo a gradoni del fronte. Tali percorsi si sviluppano su assi distributivi generali che governano anche per la percorrenza interna, oltre ad assolvere la funzione di uscita ai giardini pensili e di via d’esodo in caso di emergenza.

Scheda progetto
Progettisti: Canali Associati – Guido Canali with Paolo Simonetti and Pietro Zanlari (2005-2006)
Committente: Prada
Area totale: 93.125 m2/10 ha
Localizzazione: Valvigna, Italy
Progetto architettonico: Canali Associati – Guido Canali with Paolo Simonetti and Pietro Zanlari (2005-2006)
Collaborazione: M. Pivetti, V. Tavella, L. Roti, G. Lasagna, A. Mariotti, E. Garcia Lopez, C. Ciotola
Project management: Prada – M. Ciabatti (director), M. Goretti (project leaders), L. Simonti, T. Simonti, M. Boschi, J. Chiti, A. Vincigliati
Direzione lavori generale e sicurezza: Biagini-Bracciali – P. Bracciali with F. Misuri, P. Renzoni, F. Salvadori, L. Fili, A. Aramini, D. Tavanti; dal 2016 GPA Ingegneria – G. Cardinale
Strutture metalliche: Favero and Milan – M. Milan with G. Lenarduzzi
Strutture di calcestruzzo: Studio Dragoni – M. Dragoni
Strutture specialistiche di acciaio: Promo – G. Piccinini, A. Becci
Impianti elettrici e speciali: Studio Pentium – C. Casi, G.L. Menchetti
Impianti meccanici: Studio Pentium – E. Berti, Studio Consilium – P.P. Bresci
Consulenze geologiche: Progeo associati – Fabio Poggi
Consulenza ecosostenibilità: Studio Efaistos – T. Santini
Collaudi: M. Becucci
Opere edili: La Castelnuovese Soc. Coop.
Carpenteria metallica pesante: Cometal
Prefabbricati: Baraclit
Strutture metalliche speciali e facciate: Promo
Coperture e tamponamenti dei laboratori: Franzen
Impianti meccanici e termoidrici: Termosanitaria Aretina
Impianti elettrici e speciali: B. & G. – impianti e automazioni
Verde e impermeabilizzazione: Euroambiente – P. Ercolini; Impernovo
Verde verticale: Poli or Soc. Agr. – S. Frapoli
Pavimentazioni speciali in vetro: Tecnovetro
Illuminazione esterna: Fibretec – P. Maceri, M. Ferraboschi
Corpi illuminanti interni: Zumtobel, Erco
Pareti vetrate interne stabilimento: Elitable
Controsoffitti in lamiera metallica corpo servizi: Gal
Controsoffitti in lamiera metallica uffici: Gemino
Photos: Alessandro Ciampi, Luca Roti, Gabriele Croppi, Paolo Simonetti

Arketipo 120, Luoghi del lavoro, maggio 2018