Il nuovo ingresso ala Biblioteca Hertziana dal Portale del Mascherone di Palazzo Zuccari

All’apice del centro monumentale di Roma, in contiguità con piazza Trinità dei Monti, vertice prospettico della scalinata di piazza di Spagna, sorge la Bibliotheca Hertziana, uno dei più importanti centri di studio per la storia dell’arte italiana. Il lotto trapezoidale, delimitato da via Sistina, da piazza Trinità dei Monti e da via Gregoriana, dove da circa un secolo si innalza l’Istituto, è stato teatro di un formidabile intervento di trasformazione urbana. Incentrato sulla biblioteca, esso ha riconfigurato, in misura diversa, ben tre edifici storici: il cinquecentesco palazzo di Federico Zuccari, il palazzo nuovo, costruito in epoca recente nel giardino di palazzo Zuccari, e l’ottocentesco palazzo Stroganoff. Le tre unità edilizie appartengono al Max Planck Institut für Kunstgeschichte, il prestigioso istituto tedesco di ricerca per la promozione delle scienze con sede a Monaco, che ha nella Bibliotheca Hertziana il luogo deputato agli studi sulla storia dell’arte italiana. La storica biblioteca prende il nome da Henriette Hertz, che nel 1912 donò l’edificio a condizione che fosse adibito a biblioteca e che i suoi libri non fossero mai trasferiti altrove, se non in casi di calamità o di estremo pericolo. Questa biblioteca è un’istituzione straordinaria, dove convergono studiosi da tutto il mondo; è dotata di un patrimonio librario di oltre 300.000 volumi e vanta acquisizioni annue di circa 4.000 libri. Prima della ristrutturazione essa occupava un fabbricato che, risultante da accorpamenti e addizioni eterogenee, negli anni novanta fu dichiarato inagibile e condannato alla chiusura, in assenza dei basilari requisiti di sicurezza e di prevenzione incendi. La proprietà decise di riqualificare tutto il complesso edilizio, contemplando la demolizione del fabbricato novecentesco della biblioteca, preservandone le facciate storiche e costruendo una moderna struttura, conforme alle norme di sicurezza e in grado di far fronte al costante incremento librario della biblioteca. Nel 1994 è bandito un concorso internazionale a inviti per la “ristrutturazione” della biblioteca, rivolto a 8 architetti, tra i quali Carlo Aymonino, Vittorio de Feo, Rafael Moneo, solo per citarne alcuni, e vinto nel 1995 da Juan Navarro Baldeweg, architetto basco di Santander, madrileno di adozione.

L’avvio dell’operazione incontra notevoli ostacoli, innanzitutto derivanti dal fatto che le demolizioni ipotizzate non sono contemplate dal piano regolatore vigente che, nel centro storico, prevede solo restauro e risanamento. Con la fattiva collaborazione degli uffici comunali, si avvia un piano particolareggiato di recupero, promosso dal Campidoglio e redatto dall’architetto Enrico Da Gai, incaricato dall’Hertziana di soprintendere ogni fase dell’operazione e della costruzione. Le circostanze del progetto sono rese particolarmente spinose anche dalla delicatezza del sito, che insiste su un’area archeologica di pregio, affollata da esedre, mosaici e sezioni murarie appartenenti agli Horti di Lucullo (I secolo a.C.). A tutte queste difficoltà si aggiunga l’insediamento di un cantiere così impegnativo in un’area del centro storico, densamente edificata, priva di spazi di stoccaggio per i materiali e di manovra per le macchine di cantiere.

Il progetto di Juan Navarro Baldeweg ruota intorno a un vertiginoso pozzo di luce centrale, una voragine luminosa di impianto trapezoidale che attraversa verticalmente la biblioteca, illuminando gli spazi che si svolgono intorno; le sue tre pareti vetrate inondano le sale lettura, aperte alla luce diffusa, e gli scaffali per la presa diretta dei libri. I piani della biblioteca sono, infatti, affacci balconati sul pozzo centrale: configurati come ampi ballatoi, sono aperti sui tre lati della corte e attrezzati con le più moderne postazioni per gli studiosi. Con la sequenza di piani digradanti terrazzati, che conforma lo spazio in elevazione, l’architetto rende ideale omaggio ai terrazzamenti che in antico modellavano i giardini della villa di Lucullo, di cui sono messi in luce suggestivi lacerti nelle viscere dell’edificio. Per potenziare la luminosità del pozzo centrale, il quarto lato della voragine consiste in una parete di mattoni pieni leggermente inclinata, a scialbo bianco, che rifrange la luce mentre funge da cortina acustica, schermando i rumori della trafficatissima via Sistina, dove sono allogati i blocchi dei depositi a scaffali compatti. Le sale di studio, pervase di luce diffusa irradiata dalla corte e protette dal rumore della città, godono di affacci spettacolari dalle aperture ritagliate nel fronte meridionale e dalla stupefacente terrazza sommitale, che permette uno sguardo a 360° sulla capitale. Il nuovo edificio si dispiega in cinque piani in elevazione a struttura metallica; due piani ricavati nel Piano Trave, così chiamato a causa della funzione strutturale di supporto di tutto l’edificio; altri due piani, anch’essi a struttura metallica, sono appesi allo stesso Piano Trave portante. Quest’ultimo inusuale e titanico dispositivo strutturale dell’edificio si è reso necessario per preservare l’area archeologica che si stende a livello di fondazione. Dapprima vennero costruite due travi cementizie che corrono lungo le strade perimetrali; impostate su 178 micropali di fondazione con profondità variabili da 35 a 50 m, esse corrono sotto i marciapiedi stradali e fungono da supporto per una struttura scatolare che ha un’altezza di ben 3 m: un vero e proprio ponte sospeso sul sedime archeologico e composto da 6 travi di calcestruzzo armato precompresso, con quattro travi di irrigidimento di cemento semplice. L’ardita soluzione tecnica, oltre a salvaguardare i resti archeologici, che permangono a vista e possono essere ulteriormente accresciuti da nuovi scavi, consente di ricavare al suo interno ulteriori vani a servizio della biblioteca. Sotto l’aspetto tecnico costruttivo, questo piano- trave e la solenne struttura di metallo e vetro che configura il pozzo di luce centrale, si attestano come gli elementi più complessi e innovativi dell’intero processo edilizio. Infine, guardando l’edificio da via Gregoriana non si percepisce nessun segno del nuovo inserto contemporaneo, perfettamente schermato dalla facciata storica, dove le fauci del mostruoso mascherone, con cui Federico Zuccari aveva contrassegnato l’accesso al suo giardino urbano, accolgono oggi l’ingresso alla biblioteca rinata dopo oltre un decennio.

IL PIANO TRAVE
I due elementi tecnicamente più interessanti dell’edificio sono il Piano Trave strutturale di calcestruzzo armato precompresso e cemento semplice e la struttura in vetro e acciaio della grande corte vetrata. Nella sezione trasversale, e meglio ancora in quella longitudinale, il Piano Trave è riconoscibile al livello della strada. Su una doppia fila di micropali di fondazione (diametro 300 mm; sono scelti i pali di piccolo diametro, seppur i carichi siano ingenti, per limitare l’ingombro delle macchine perforanti, altrimenti inaccessibili nel centro storico) sono poggiate le due travi di calcestruzzo armato, disposte parallelamente agli assi stradali, e su di esse, tramite un sistema di 11 appoggi metallici a disco elastomerico per lato, si inserisce la struttura scatolare formata da 6 travi di calcestruzzo precompresso (profilo resistente a doppia T) a cavi post-tesi e 4 travi irrigidenti di calcestruzzo armato semplice, con una maglia non ortogonale, tutta interamente gettata in opera. Due piani per i depositi di libri sono ricavati all’estradosso dei due solai orizzontali che costituiscono il Piano Trave, accessibile attraverso poche e misurate asole predisposte in fase di getto per permetterne l’uso senza diminuire eccessivamente la rigidezza della struttura. Per ottenere il maggior numero di piani in elevazione, i solai sono ridotti negli spessori, in lamiera grecata con una soletta irrigidente variabile (pari a 119 mm nelle campate libere e 177 mm in corrispondenza dei punti di connessione con le travi).

IL “CONO VETRATO”
La struttura di metallo e vetro della corte, seppur composta da elementi metallici standard, è progettata ed elaborata in modo artigianale per assecondare il disegno del cosiddetto “cono” vetrato. Impostate su una pianta trapezoidale irregolare di base, le pareti vetrate divergono in sommità, assecondando l’andamento digradante dei solai terrazzati. La presenza di vetrate sui tre fronti della corte, inoltre, ha condizionato la disposizione delle strutture di controventamento con profilati metallici a croce, che sono posti in adiacenza ai due palazzi confinanti e all’interno dell’unica parete opaca di mattoni. Per i piani in elevazione la struttura a travi e pilastri, non presentando simmetria e ripetizione nel disegno, non ha reso possibile la prefabbricazione dei telai portanti. I pilastri metallici sono stati “intascati”, ossia annegati, nello spessore della muratura storica delle pareti perimetrali per aumentarne la rigidezza e stabilità. I profilati scelti sono con sezioni a doppio T sia per pilastri sia per travi, con i nodi tra gli elementi realizzati con tronchi di trave saldati al piedritto e con cordone d’angolo. I giunti tra pilastri sono realizzati con unioni flangiate disposte a circa metà della quota d’interpiano in modo da intercettare i punti di nullo del momento flettente. La connessione più delicata della struttura metallica avviene nel giunto con il Piano Trave cementizio al quale si ancora con due piastre flangiate e connesse con tirafondi alle nervature della struttura a ponte.

Scheda progetto
Progettista: Juan Navarro Baldeweg general
Progetto di rifunzionalizzazione generale dell’Istituto Max Planck: Enrico Da Gai
Committente: Max Planck Gesellschaft zur Foerderung der Wissenschaften e.V. München scheme and detailes
Net area: 2,150 mq
Periodo di costruzione: 2003-2011
Localizzazione: Rome, Italy
Institute: Enrico Da Gai
Piano di Recupero: Enrico Da Gai (Max Planck Gesellschaft) and Paolo Riccetti (Comune di Roma)
Progetto architettonico definitivo ed esecutivo: Juan Navarro Baldeweg and Enrico Da Gai
Progetto strutture: Tekno In - Alberto Parducci, Alfredo Marimpietri, Sergio Olivero, Marco Mezzi
Progetto impianti meccanici: Tecnisches Büro - Franz Steiner, Jaeger, Mornhinweg + Partner
Progetto impianti elettrici: SeTi – Corrado Becucci
Progetto vetrata del patio: Andrea Viganò - B+V Associati
Progetto Prevenzione incendi e Sicurezza: Enrico Da Gai and Massimo Bartaletti
Responsabili del procedimento: Carl Hegon Heintz, Rainer Pighi; Wolfgang Heitzer, Michael Goetz (MPG); Maurizio Cagnoni (consulente RUP)
Coordinamento generale per la realizzazione opere: Angelika Gabrielli - Bibliotheca Hertziana, Max-Planck-Institut
Impresa appaltatrice: Consorzio Cooperative Costruzioni - CDC Cooperative di Costruzioni - Michelangelo Esposito, Riccardo Bracciforti
Direzione dei lavori: Enrico Da Gai (clerk of work and general coordination), Elena
Parducci (cost control), Orante Paris (site monitoring)
Photos: Bibliotheca Hertziana, Istituto Max Planck Für Kunstgeschichte, Andrea Jemolo, Studio Da Gai Architetti

Arketipo 100, Italia, marzo 2016