Lo sviluppo tecnologico, in particolare nel campo digitale, e la scoperta di nuovi materiali con i quali comporre nuovi intrecci, hanno portato negli ultimi anni radicali evoluzioni nel campo dei tessuti, permettendo di legare con libertà creativa e nuovi linguaggi la tradizione all’innovazione. È con questo spirito che nasce il progetto Silk Pavilion, opera del Mediated Matter Group del MIT Media Lab fondato e diretto dall’architetta Neri Oxman, che getta le basi per una profonda trasformazione dei paradigmi costruttivi introducendo nuovi concetti di biofilia nel campo dell’architettura e del design. In natura, l’intreccio di elementi costituisce un fenomeno ampiamente diffuso, che si manifesta in svariate forme. Questo processo, spesso guidato da influenze biologiche e ambientali, rappresenta un adattamento evolutivo che consente alle specie di affrontare le sfide dell’ambiente circostante e ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili. Ne sono un esempio i rami e le foglie, che sfruttano l’intreccio per raggiungere la luce solare, fornire supporto reciproco tra le diverse specie arboree o competere per lo spazio; i ragni, maestri nell’intessere intricate ragnatele utilizzando la loro seta per catturare prede, fornire rifugi e persino veicolare le nuove generazioni di ragni; le radici, le quali spesso si intrecciano formando una rete intricata che stabilizza gli alberi e facilita lo scambio di nutrienti tra le piante; i nidi di uccelli e le dighe di castori, entrambi originati da un intreccio di materiali per fornire rifugi e protezione, o ancora le termiti, che dimostrano abilità straordinarie nel costruire i loro nidi intrecciando particelle di terra, saliva e secrezioni corporee, creando strutture di notevoli dimensioni e fornendo un ambiente strutturato e regolato per la loro colonia.
Anche nella storia evolutiva dell’uomo l’intreccio ha assunto un ruolo centrale affascinante, dalle origini legate alla sopravvivenza, con la produzione dei primi cesti, reti e indumenti essenziali, fino all’influenza nello sviluppo economico di grandi civiltà, come nel caso dell’antico Egitto, che ha visto la nascita dei primi tessuti in lino e, successivamente, in cotone, e della Cina imperiale, sviluppatasi anche grazie all’esportazione della seta attraverso la famosa “Via della Seta”. Come vuole la leggenda, fu l’imperatrice cinese Xi Lin Shi a scoprire fortuitamente le potenzialità dei filamenti in seta a seguito della caduta di un bozzolo nella sua tazza mentre sorseggiava del tè caldo all’ombra di un gelso bianco che, grazie al calore della bevanda, generò un lungo filo traslucido. Ed è proprio la seta a rappresentare l’elemento naturale costitutivo dell’innovativo progetto per il Silk Pavilion, sviluppato nella sua prima versione nel 2013 tramite l’implementazione di principi di biologia e Digital Fabrication nello sviluppo tecnologico-costruttivo. Il progetto è stato realizzato in diverse fasi. La prima fase è stata caratterizzata da uno studio scientifico preliminare sul comportamento dei bachi da seta, al fine di comprendere in base a quali principi e condizioni spaziali e/o ambientali il baco eseguisse filature bidimensionali piuttosto che tridimensionali. La seconda fase, invece, ha visto la progettazione e costruzione della struttura di base per la realizzazione del padiglione, composto da 26 pannelli poligonali che hanno fatto da telaio sul quale è stato ricamato un filo di seta guida grazie all’utilizzo di una macchina a controllo numerico computerizzato. Inoltre, è stato studiato il diagramma del percorso del sole che ha permesso di stabilire l’ottimale posizionamento delle aperture sui pannelli per modulare la distribuzione della luce e del calore sulla superficie, influenzando così la posizione dei bachi e la densità della loro seta nella struttura. L’ultima fase, invece, ha visto l’utilizzo proprio dei bachi da seta per la produzione del tessuto in loco. Seimilacinquecento bachi sono stati distribuiti nella struttura e allevati lì per tre settimane, ognuno dei quali, guidato dal layout del filo guida generato con la CNC, ha prodotto un filamento lungo circa 1 chilometro, dando così vita a una vera e propria cupola di seta naturale. Al termine delle tre settimane i bachi rimossi, al culmine della loro naturale evoluzione, hanno dato vita a circa 1 milione e mezzo di uova, capaci potenzialmente di realizzare 250 padiglioni uguali.
Nel 2020 Il MoMA di New York ha commissionato allo stesso team un nuovo padiglione, il Silk Pavilion II, da esibire alla mostra “Material Ecology”. Questo secondo padiglione, largo sei metri e lungo cinque, è stato ideato partendo dai risultati ottenuti dalla precedente esperienza. Il Silk Pavilion II è composto da tre strati interrelati: la struttura primaria più interna è costituita da cavi d’acciaio intrecciati unidimensionali, la struttura secondaria da una stoffa bidimensionale su cui sono posizionati i bachi da seta, mentre, l’ultimo strato tridimensionale, è il risultato della produzione di oltre diciassettemila bachi da seta provenienti da Teolo, in provincia di Padova, da uno dei più estesi allevamenti in Europa. La costruzione del padiglione si è sviluppata orizzontalmente, tramite una manipolazione cinetica dall’alto verso il basso che ha consentito una costante rotazione oraria di un mandrino, facilitando così il movimento di salita dei bachi da seta. La densità delle fibre sviluppata sulla superficie della struttura varia in funzione dei fattori ambientali locali, quali calore e luce, nonché della tipologia dell’iperboloide cinetico, configurato per guidare il movimento dei bachi da seta. Per questa costruzione, i bachi da seta sono stati lasciati sulla struttura per dieci giorni, dando origine a un filo più lungo del diametro del pianeta Terra. La realizzazione di questi due padiglioni ha sottolineato due aspetti chiave: da un lato, è emerso come le strutture possano esercitare un’influenza significativa sul comportamento dei bachi da seta; dall’altro, è stato dimostrato come questo nuovo processo innovativo consenta di ottenere filamenti di seta in modo etico e sostenibile, eludendo la pratica consolidata che vede l’uccisione dei bachi tramite processo di bollitura per l’estrazione della seta. L’esperienza maturata in questo progetto ha posto le basi per la definizione di una nuova simbiosi tra uomo e natura e tra ciò che è vivo e ciò che è inerte, dimostrando come questi insetti, compatti e unici, possano dare un valido contributo non soltanto come telai viventi, ma anche come progettisti, collaborando nel processo edilizio con gli esseri umani per la realizzazione di opere a basso impatto ecologico capaci di creare un nuovo legame tra noi e l’ambiente.
Photos: Neri Oxman and the Mediated Matter Group, The Museum of Modern Art, New York. Photographed by Denis Doorly