Gli architetti berlinesi Köbberling e Kaltwasser hanno lavorato insieme a un gruppo di volontari per creare il “Jellyfish Theatre”, commissionato da The Architecture Foundation e dal gruppo teatrale The Red Room: il primo teatro londinese interamente realizzato con materiali di riciclo e di recupero, la cui costruzione è iniziata con il London Festival of Architecture 2010. Il progetto, The Oikos Project, nasce dalla volontà della compagnia teatrale di avere un luogo in cui allestire le produzioni a tema ambientale e già dal titolo esplicita l’intento di una progettazione partecipata: Oikos, dal greco, è il nucleo sul quale si fonda la struttura sociale ellenica, la comunità domestica o famiglia allargata, gerarchicamente organizzata, che esiste dall’età arcaica. Tutto prende forma nell’estate del 2010 e si sviluppa con la partecipazione dei volontari che costruiscono il teatro con materiali recuperati e riciclati, come legnami di scarto provenienti da altri cantieri, vecchi pallet, ante e mobili da cucina o sedie portate dagli stessi volontari. Gli architetti, che hanno sempre realizzato progetti, installazioni e opere d’arte con materiali di recupero, pratica soprannominata “junkitecture”, sono partiti dall’idea di una medusa, animale molto fragile, composto per il 98% di acqua e privo di protezione.

L’animale si insinua tra le costruzioni londinesi e trova posto, nei pressi del London Bridge, nello spazio aperto, completamente asfaltato, di 45 metri di lunghezza e 27 metri di larghezza, usato per lo sport dalla scuola St Joseph’s Catholic Primary School, The Borough, nel quartiere Southwark di Londra, i cui studenti hanno collaborato attivamente al progetto. La medusa rimanda alla fragilità, rievocata anche dai materiali di riciclo utilizzati, e vuole far riflettere sulla minaccia dell’uomo sulla natura e su organismi così delicati. Nel teatro sono state realizzate opere appositamente elaborate per questo spazio incentrate sui cambiamenti climatici e sulla fragilità dell’ecosistema che può salvarsi solo con un agire coeso dell’umanità e condiviso; come unitario e condiviso è stato l’obiettivo di realizzare questo spazio da tutti gli 88 volontari che ne hanno preso parte lavorando per più di due mesi. Topher Campbell, il direttore artistico del teatro, che ha lavorato a stretto contatto con gli architetti e con tutti i volontari durante la costruzione, ha dichiarato: “Il progetto Oikos è molte cose: è la costruzione di un teatro realizzato con materiale riciclato progettato da architetti tedeschi; è anche la commissione di un progetto di riciclo di bottiglie d'acqua che coinvolge le scuole di tutto il Southwark, ma è anche il luogo di rappresentazioni teatrali dedicate ai cambiamenti climatici. Il progetto è davvero un modo per riunire una comunità per pensare a come possiamo collettivamente agire e riflettere invece di lasciare che altre persone ci pensino per noi. (...) Il teatro si chiama Jellyfish perché abbiamo molta paura delle meduse, ma anche le meduse sono una specie in via di estinzione; quindi, sono vulnerabili e spaventose allo stesso tempo”. Negli schizzi di progetto si vede la medusa svilupparsi grazie all’operosità di silhouette che definiscono e costruiscono il teatro, dalle forme organiche, in contrasto con il rigore dei volumi geometrici del costruito intorno. È una struttura bassa rivestita da un patchwork sfrangiato in pannelli di legno che nascondono un’ossatura metallica; complessivamente è grande 23 metri di lunghezza per 15 metri di larghezza e 4,5 metri di altezza, mentre il teatro interno invece ha dimensioni più ridotte, 12 metri di lunghezza, 9 di larghezza e 4 metri di altezza. Tra i tentacoli della medusa, che dopo i due mesi di costruzione ha avuto quasi altri due mesi di vita movimentata da più rappresentazioni teatrali al giorno, trovano spazio i locali accessori: la testa della medusa ospita l’area lounge, definita da una panchina lunga e continua che si estende in modo curvilineo assecondando il prospetto nord; nel corpo dell’animale trovano spazio il palcoscenico, la sala del teatro da 120 posti a sedere e, nella grande intercapedine tra i due paramenti di pallet, i locali deposito.

Tutto è definito da un puzzle di pannelli di legno riutilizzati e disposti, per quanto possibile, in ordine cromatico dal più chiaro al più scuro: ante di vecchie cucine, scarti di altri cantieri, pannelli di osb, cassette della frutta e quanto recuperato in giro per il quartiere Southwark dai volontari. Questi pannelli di materiali, spruzzati con una finitura ignifuga intumescente, come richiesto dal South Council Building Control, sono stati agganciati a due gusci composti da robusti pallet di riciclo, impiegati per il trasporto merci, a loro volta ancorati alla struttura portante realizzata da tubolari metallici in acciaio, tradizionalmente utilizzati per i ponteggi. La struttura portante, leggera, è l’unica parte del Jellyfish Theatre non realizzata dai volontari ma da personale esperto e ben si addice alla temporaneità del progetto, senza nascondere la visione dei materiali utilizzati, lasciando così la struttura, in alcuni punti, permeabile alla vista. Gli occhi della medusa sono fatti con bottiglie di plastica decorate dagli studenti delle scuole locali, mentre alcune porzioni delle chiusure verticali sono realizzate infilando dei boccioni vuoti, quelli da 18 litri dei dispenser d’acqua donati dagli uffici della zona, come fossero perline su bacchette di legno, metaforicamente usati per portare l’acqua del mare e dell’oceano nel centro di Londra. Le emissioni di CO2 prodotte durante la costruzione del teatro sono quasi nulle e, alla fine del progetto, a ottobre dello stesso anno, ogni componente è stato nuovamente riciclato o smaltito. Il Jellyfish Theatre, candidato nel 2011 al Mies Van der Rohe Award nella sezione effimero, come progetto culturale e sociale, è un mix di arte, architettura, performance teatrale e performance public-made; è espressione di una costruzione nata grazie alla partecipazione dei cittadini, adatto alla scala umana, sostenibile, fatta con materiale riciclato al 100% proveniente dal quartiere, realizzato con un budget di 17.000 £. La medusa, macchina teatrale effimera, è stata smantellata e ha rappresentato, grazie all’architettura, un progetto di coesione sociale alla scala di quartiere.

Scheda progetto
Client: The Red Room Theatre and Film Company, The Architecture Foundation area: 246 mq
Cost: 17,000 £
Architect: Folke Köbberling/Martin Kaltwasser
Project architects: Folke Köbberling, Martin Kaltwasser
Client: The Red Room Theatre and Film Company, The Architecture Foundation Structural engineer: Andrew Ruck (AKT Engineers)
Project manager: The Red Room Theatre and Film Company
Planning surveyor: Peter Slaughter
Main contractor: Volunteers
Site manager: Robin Turner
Project manager: The Architecture Foundation
Development consultant: M3
Consulting Date: The Oikos Project (19 june - 9 october 2010)
Photos: Martin Kaltwasser & Folke Köbberling