Ritorniamo sempre con piacere a indagare i padiglioni temporanei estivi realizzati con cadenza annuale dalle Serpentine Galleries di Londra nei Kensington Gardens a partire dal 2000 con il primo e ormai mitico padiglione “tessile” disegnato integralmente dalla compianta Zaha Hadid. Ce ne siamo occupati in più occasioni, (si vedano: Arketipo n. 64/2012, 97/2015, 106/2016, 114/2017, 163/2023), raccontando le varie realizzazioni di questa iniziativa che ormai è diventata una tradizione, rappresentando uno dei palcoscenici internazionali di sperimentazione progettuale contemporanea -architettonica, artistica, ingegneristica, e costruttiva - tra i più noti e prestigiosi. L’ultima edizione, conclusasi lo scorso ottobre, ha visto la realizzazione del padiglione intitolato “À table!”, progettato da Lina Ghotmeh, caratterizzato come vedremo dall’essere una proposta che cela nella sua essenzialità una molteplicità di interessanti livelli di lettura. Prima di addentrarci più nel dettaglio nell’edizione appena conclusasi, pensiamo che in un numero monografico dedicato alle architetture temporanee sia importante soffermarsi in apertura su alcuni aspetti tecnici gestionali, sviluppati negli anni dalle Serpentine Galleries, che semplificano la messa in scena annuale di tale evento temporaneo, facilitandone l’organizzazione. In architettura, infatti, occuparsi di progetti temporanei non significa per forza dover partire sempre da zero ogni volta, una “macchina” che deve, ogni mese di giugno, inaugurare un padiglione di alto livello qualitativo ha scelto di dotarsi, infatti, negli anni, di alcuni elementi ricorrenti. Posto che l’organizzatore, promotore e “cliente” è sempre lo stesso, ovvero le Serpentine, sono in primo luogo invarianti negli anni il budget del padiglione, buona parte del cronoprogramma (data di scelta dell’architetto, data del comunicato stampa di annuncio, progetto di fattibilità, tempi di sviluppo del progetto preliminare, tempi di costruzione, ecc) e anche il sito di progetto, che è da sempre la porzione di prato antistante la facciata orientale della Serpentine Sud, che prima di diventare nel 1970 la odierna galleria d’arte era una sala da tè costruita nel 1934 e progettata da J. Grey West.

Sempre a vantaggio della semplificazione gestionale, un aspetto fondamentale è la stabilità di alcuni ruoli organizzativi del processo, basti citare l’essenzialità di avere sin dal 2006 come Direttore Artistico delle Serpentine una figura del calibro di Hans Ulrich Obrist. Altri soggetti che è risultato essenziale mantenere molto stabili nel tempo sono: lo sponsor principale Goldman Sachs (da 9 anni), gli ingegneri di AECOM che sviluppano il progetto esecutivo (da 10 anni) e l’impresa costruttrice Stage One esperta nel costruire installazioni ed eventi ad alto livello scenografico (da 14 anni). A questo si aggiunga che, nonostante costruire all’interno dei Parchi Reali preveda molti vincoli, tra cui ad esempio l’impossibilità di realizzare fondazioni permanenti riutilizzabili negli anni, inserire anche temporaneamente elementi intrusivi come pali o palancole e l’obbligo di ripristinare il prato allo stato vergine dopo lo smontaggio del padiglione, si è riusciti comunque a realizzare, nascosti nel terreno, alcuni elementi permanenti che possono essere riusati all’occorrenza ogni anno, come ad esempio un sistema di attenuazione delle acque piovane e un collegamento ai canali di raccolta adiacenti. Passando al padiglione del 2023, Lina Ghotmeh esordisce qui con la sua prima architettura costruita nel Regno Unito (ricordiamo che è da sempre condizione essenziale per poter essere incaricati dalle Serpentine come progettista del padiglione estivo) con un’opera poetica che dichiara sin dal suo titolo, con l’incitamento e invito espresso in lingua francese “À table!”, a una pratica umana collettiva ancestrale che permea ogni aspetto del progetto che ha concepito. La ricerca dello studio fondato da Ghotmeh a Parigi si caratterizza per una forte attenzione alle ricerche iniziali sul tema progettuale, in particolare sia storiche sia su aspetti legati alle tradizioni e i materiali costruttivi naturali. Forte attenzione pone anche alla necessità di un equilibrio ritrovato tra architettura ed ecologia, alla ricerca di una simbiosi tra costruzione e natura. L’architetta da diversi anni chiama questo suo processo “archeologia del futuro”, con l’obiettivo di far emergere da studi approfonditi su memoria, forma e caratteristiche dello spazio e paesaggio, un’architettura armonica, gentile, equilibrata e umana. Il frutto principale di tale processo, applicato al caso della Serpentine, è stato il porgere un invito a tutti i visitatori del padiglione a entrare per mettersi attorno a un tavolo, esattamente come quando si invitano le persone a mangiare con noi, incitandoli alla convivialità, al dialogo, a riflettere insieme, al condividere. Il richiamo a un gesto generoso ancestrale presente da sempre in molte culture, che permette in questa declinazione di ristabilire un rapporto con la natura e la terra. Nell’ampliare il messaggio, Ghotmeh vuole partire dal rapporto che ognuno di noi ha con gli altri e con la terra per far riflettere sull’atto del mangiare e consumare risorse, imparando dalle tradizioni culinarie dei popoli che si sono sviluppate in equilibrio col clima e le caratteristiche del terreno locale, ricordando che è solo raggiungendo un equilibrio tra noi, gli altri e la natura che si può pervenire a una coesistenza ecosistemica duratura: “come donna mediterranea, nata e cresciuta a Beirut e ora residente a Parigi, sento un profondo senso di appartenenza alla nostra Terra, a ciò che contiene e a ciò che offre: dall’archeologia sepolta e dalle civiltà passate al mondo vivente che germoglia verde e vita da ogni fessura della strada”.

In accordo con la sua “archelogia del futuro”, il disegno del padiglione ha diversi riferimenti. In primis, il già citato richiamo all’atto di sedersi per mangiare insieme, che Ghotmeh trae citando prioritariamente sia le capanne toguna del popolo Dogon del Mali, nell’Africa occidentale, che con la loro struttura bassa obbligano chi entra a sedersi e raccogliersi con gli altri per mangiare e parlare, sia l’antica pratica greca dei simposi, momenti in cui ci si sdraiava per discutere e confrontarsi insieme su temi importanti. Per la costruzione dello spazio i riferimenti citati più importanti sono stati Stonehenge, con la sua organizzazione a cerchi concentrici che invita al raccoglimento, ma anche le ispirazioni dalla natura: la forma geometrica della foglia di palma, la struttura interna delle foglie suddivisa in elementi primari e secondari, gli alberi dei Kensington Gardens. Un ultimo riferimento dichiarato che vogliamo citare sono le folies, tipiche realizzazioni-padiglioni che punteggiavano i parchi qualche secolo fa e che qui vengono citate volendo proporre una folie contemporanea che invita a riunirsi come comunità. Da queste considerazioni ne è nato un padiglione che ricerca l’equilibro con la natura nel suo essere monomaterico in legno, nel suo avere una bassa impronta di carbonio, nel suo richiamare la natura attraverso tutti i suoi elementi (i pilastri i tronchi degli alberi adiacenti; le travi i rami e le radici; i pannelli forati, il tetto plissettato-origami e la pianta centrale le foglie), nel suo essere attraversato liberamente da aria e luce, ma anche nel realizzare un luogo in cui si è naturalmente attirati a entrare e in cui si è spinti, per come è stato disegnato, all’aprirsi agli altri e al paesaggio naturale. Per dare ancora più forza al messaggio, la progettista ha voluto che tutto il disegno e la struttura fossero essenziali, evitando ogni elemento che potesse distrarre. Una opera d’arte totale contemporanea di cui Ghotmeh ha voluto curare personalmente ogni dettaglio, non solo l’edificio ma anche il tavolo in rovere rosso scuro - essenziale visto che è citato nel titolo del padiglione - e i sedili, che ha disegnato su misura e sono stati prodotti da The Conrad Shop, fino al menu del bar presente nel padiglione, a base di prodotti biologici e ideato insieme a Benugo.

“À table” celebra l'atto ancestrale di sedersi e incontrarsi con gli altri, per mangiare, parlare, conoscersi

PREFABBRICAZIONE E DECARBONIZZAZIONE
L’ottimizzazione degli aspetti tecnologico-ingegneristici e costruttivi del padiglione è stata eseguita, rispettivamente, da AECOM e Stage One. Raccogliendo l’intento di tutto il gruppo di lavoro: cliente, architetto, ingegneri e impresa di costruzioni, di realizzare un’opera che avesse sia un impatto ridotto sull’ambiente con una bassissima impronta di carbonio, sia la possibilità di un riutilizzo futuro del padiglione, le due società hanno lavorato congiuntamente agli architetti per arrivare a un progetto costruttivo che raggiungesse tale obiettivo. Su richiesta esplicita dell’architetto, la struttura doveva essere “modesta” ed essenziale; nel padiglione, Lina Ghotmeh voleva solo elementi strettamente necessari sia strutturalmente che funzionalmente, in particolare, con dimensioni ridotte al minimo necessario per svolgere il proprio compito. Partendo da tali presupposti, il risultato degli sforzi di tutti ha portato a realizzare una struttura che è leggera e molto sottile come spessori, nonostante realizzi un grande spazio centrale privo di colonne interne. Ulteriore richiesta espressa era che il padiglione fosse interamente realizzato con un solo materiale naturale e a basso impatto di carbonio, ovvero il legno. Gli elementi della struttura sono stati interamente prefabbricati e ottimizzati a livello produttivo riducendoli in numero, realizzando un modulo costruttivo unico a settore radiale che viene ripetuto uguale, per affiancamento, nove volte (la pianta è ennagonale). Le colonne e le travi principali sono sottili elementi in legno lamellare omogeneo, con proprietà meccaniche di livello GL 30h, disposte radialmente attorno all’oculo centrale di copertura. Le colonne sono a coppie e ravvicinate verso il perimetro esterno, formando un forte sbalzo, rendendo l’insieme stabile già all’inizio della costruzione, eliminando così la necessità di ponteggi, risparmiando tempo e dando maggiore disponibilità di spazio in cantiere. Tali pilastri sono uniti alle travi tramite barre in acciaio incollate. Le fondazioni sono blocchi parallelepipedi prefabbricati in calcestruzzo, riutilizzabili, a ridurre ulteriormente l’impronta di carbonio - le colonne sono collegate a esse al piede attraverso delle piastre in acciaio. Gli elementi strutturali radiali sono raccordati tra loro in corrispondenza dell’oculo da una trave in acciaio ad anello, a cui è collegato anche l’ombrello centrale in ETFE precompresso e cavi d’acciaio. Tra gli elementi strutturali radiali vi sono delle travi secondarie, anch’esse in legno lamellare e a forma di V, che riprendono la struttura delle foglie con un passo asimmetrico, diverso sui differenti campi definiti dalle radiali, a ottenere la forma “plissettata” della copertura.

COSTRUZIONE INTERAMENTE IN LEGNO
Come già anticipato, si voleva che il padiglione fosse, nei limiti del possibile, realizzato utilizzando solo legno. E, in effetti, escludendo i pochi elementi funzionali di cui si è detto in precedenza, tale intento è stato raggiunto. La superficie di copertura del padiglione è costituita da pannelli sottili in compensato su cui è stata successivamente applicata in opera sul lato esterno una membrana impermeabilizzante liquida, colorata con un tono coerente con il legno della struttura e adatto e integrarsi visivamente col parco. I pannelli lignei di facciata sono caratterizzati da intagli a tema vegetale e sono anch’essi interamente prefabbricati, tagliati da macchine a controllo numerico CNC. Essi lavorano di concerto con gli elementi radiali della struttura, contribuendo a stabilizzare l’insieme senza bisogno di ulteriori controventature; oltre ad avere una funzione strutturale, consentono la ventilazione naturale e filtrano la luce. I pannelli sono stati progettati per essere inseriti tra gli elementi radiali senza ricorrere a viti o altre connessioni in acciaio, rimanendo in posizione per attrito, a favorire ulteriormente la reversibilità del processo costruttivo e quindi la riutilizzabilità del padiglione. Per praticità, il pavimento ligneo è applicato sopra una sovrastruttura tridimensionale a cassettoni, anch’essa prefabbricata in legno, che è appoggiata direttamente al terreno, creando così un’intercapedine ventilata tra pavimentazione e terra. Tutti gli elementi modulari sono stati prefabbricati interamente nello stabilimento di York di Stage One, progettati in modo ottimizzato per ridurre al minimo gli sprechi e gli sfridi in fase di taglio, cercando di semplificare al massimo sia la fabbricazione che il montaggio. Il legno di sfrido è stato triturato e riutilizzato direttamente nello stesso stabilimento, in un’ottica di economia circolare, impiegandolo nell’impianto a biomassa che riscalda gli edifici della fabbrica. Volendo ridurre il più possibile l’impronta di carbonio del padiglione, oltre all’aver realizzato quasi tutto in legno e ad aver previsto fondazioni prefabbricate riutilizzabili, sono stati utilizzati solo legni provenienti da catene di approvvigionamento sostenibile certificate. Le (poche) connessioni in acciaio, sono discretamente nascoste, così come cavi e sistemi di controllo elettrici che scorrono dentro gli elementi lignei, a enfatizzare così ulteriormente le linee pulite della struttura. Tutto il padiglione è stato costruito in 42 giorni e smontato rapidamente conclusasi la manifestazione, recuperando integralmente tutti i componenti, aprendo così alla possibilità di ricostruirlo in altro luogo.

Scheda progetto
Client: Serpentine Galleries
Architect: Lina Ghotmeh — Architecture
Technical engineering advisor: AECOM
Construction: Stage One Creative Services
Construction time: 42 days
Opening period: 9 June - 29 October 2023
Total floor area: 300 m²
Principal architect and designer: Lina Ghotmeh
Lina Ghotmeh — Architecture’s team: India Alarcón Rojas, Mohamad Arayssi, Edoardo Betti, Anna Checchi, Ismail Hutet, Bruno Faivre
Construction and supporter: Stage One Creative Services - Tim Leigh, Ted Featonby, Tiff Blakey
Technical engineering advisor: AECOM
Serpentine’s project directors: Bettina Korek, CEO; Hans Ulrich Obrist, Artistic Director
Main sponsor: Goldman Sachs
Project leader: Julie Burnell
Curators: Natalia Grabowska
Technical consultant: David Glover
Project advisors: Michael Bloomberg, Sir David Adjaye, Tom Jarvis, Andrew Williams, Ovidiu Mosor
Photos: Iwan Baan, Stage One, AECOM, David Atlan

Arketipo 172, marzo 2024, Temporary Architecture