Rem Koolhaas, nel corso della sua incredibile carriera caratterizzata da architetture, libri e teorie che sono e saranno un punto di riferimento per le generazioni future, aveva realizzato, fino a oggi, solo tre case unifamiliari. Nonostante il numero esiguo, sia Villa dall’Ava a Parigi del 1991 sia la Maison à Bordeaux del 1998, entrarono immediatamente nella storia dell’architettura, con la loro capacità di rompere gli schemi e innovare, ispirando architetti e studenti di tutto il mondo. A un quarto di secolo di distanza, oggi Koolhaas si è voluto cimentare con una quarta abitazione unifamiliare, anche perché rappresentava una sfida sotto più punti di vista, integrandovi alcune delle riflessioni e ricerche che ha portato avanti negli ultimi vent’anni. L’abitazione si trova nella cittadina austriaca di Zeel am See, che, come suggerisce il nome, è affacciata su un lago ed è il frutto di una storia personale che ben emerge nell’interessante documentario girato dal regista Frans Parthesius in cui, oltre alle fasi di costruzione, compaiono anche tutti i protagonisti di questa sfida progettuale. Un imprenditore internazionale con base a Londra, impegnato con successo nel campo delle tecnologie, dalla telefonia all’intelligenza artificiale, decise di costruire una casa nel paese austriaco in cui era cresciuto, per riconnettersi al meglio con le persone della sua infanzia. Tra i pochi lotti vista lago ancora disponibili per la costruzione, ve ne era uno che in tanti avevano provato a comprare, desistendo di fronte alle difficoltà che comportava, ritenendolo pressoché inedificabile. Si tratta infatti di un lotto stretto e lungo che, oltre a essere in forte pendenza, è caratterizzato da avere su entrambi i lati altre abitazioni già esistenti, a ridosso. Su dodici metri di larghezza del terreno, per rispettare le distanze di legge, era possibile edificare fuori terra un edificio largo al massimo quattro metri. Tale limitazione non fermò l’imprenditore, anche perché il lotto era vicino alla casa della sorella, per cui decise di comprarlo ugualmente.
Poco tempo dopo, Koolhaas partecipò a un convegno sulle tecnologie digitali a Monaco, in cui fece tra l’altro una riflessione sul suo interesse verso le architetture con forti vincoli da rispettare, in particolare con esigue superfici di pavimento, in contrasto alle superfici vastissime (per non parlare dei consumi energetici) richieste dai data center contemporanei. L’imprenditore austriaco, presente alla conferenza, rimase colpito e gli raccontò di questo lotto; proprio lì Koolhaas decise che era arrivato il momento di progettare un’altra casa unifamiliare. La progettazione partì dall’analisi del sito e dei suoi vincoli. La regolamentazione locale, oltre al già citato vincolo dei quattro metri di larghezza fuori terra, richiedeva anche coperture in pendenza, ma consentiva la costruzione sottoterra di volumi più larghi rispetto ai suddetti quattro metri. Con tali condizioni iniziali, nacque l’idea di realizzare un’abitazione che connettesse le differenti quote del terreno in pendenza, attraverso una lunga scalinata interna totalmente ipogea, che fungesse da punto di orientamento interno all’abitazione e da collegamento dei diversi livelli. Infatti, al fine di realizzare spazi con ampie viste panoramiche sul lago e le montagne, nonché illuminati il più possibile con luce naturale nonostante fossero in parte realizzati nel sottosuolo, la casa si è progressivamente plasmata su quattro differenti livelli, con piante di lunghezza crescente dal basso verso l’alto. Come è tipico nelle architetture di OMA, però, i livelli sono anche qui fortemente connessi e interlacciati tra loro, non solo tramite la scalinata continua, attraverso spazi plurialtezza, connessioni visive, trasparenze, compenetrazioni di volumi. L’ingresso principale è posto nel punto più basso del lotto, con una porta su strada che, una volta aperta, rivela la lunga scala che, visivamente e grazie alla luce che proviene dai solai trasparenti dell’ultimo piano, permette la lettura immediata di tutti i livelli. A questo piano vi è anche una sala per depositare gli sci, visto che Zeel am See è spesso innevata.
Il primo piano, più profondo rispetto al precedente, vede un soggiorno a doppia altezza, apribile tramite una grande vetrata che si solleva con movimento a ghigliottina, direttamente affacciato sul lago con una terrazza rivestita sia orizzontalmente che verticalmente in marmo. Dietro di esso, vi sono due suite gemelle per gli ospiti, incastonate all’interno di un volume cilindrico. Il secondo livello, ancora più profondo, accoglie la cucina, una sauna e uno spazio relax che ricevono luce sia dalla vetrata a tutta altezza verso il lago sia dal livello superiore, caratterizzato da solai in grigliati e vetri che fanno filtrare la luce. L’ultimo livello, il più profondo, a cui si può accedere anche dal piano inferiore tramite un’ulteriore scala buia che si addentra dentro la collina, accoglie la stanza da letto principale e anche lo spazio più ampio e intimo dove si svolgono principalmente le attività della famiglia. Questo piano vede la maggior quantità di elementi progettuali dinamici. In primo luogo, una grande facciata-porta trasparente a specchio, che si apre ruotando sul giardino, consentendo di entrare, o uscire, al livello più alto del lotto. Vi sono poi anche, a terra, due pannelli grigliati, pavimento e piatto doccia del bagno “nascosto” di questo piano, che possono ruotare per consentire l’accesso al piano dalla scala principale e per “rivelare” una vasca traslucida in resina nascosta sotto di essi. La grande vetrata di questo piano si solleva ruotando scenograficamente verso l’alto e apre l’accesso alla terrazza. Sempre a questo livello, vi è anche una superficie piana mobile su pistoni idraulici, che in base all’altezza a cui viene posta può essere un tavolo, un pavimento, oppure uno spazio di incontro se si decide di incassarla nel solaio. Una grande tenda di colore azzurro, con un grande foro al centro, progettata da Petra Blaisse, è un altro meccanismo dinamico, manuale (gli altri citati sono tutti motorizzati), che consente di modificare l’uso e la percezione degli ambienti presenti a questo piano. In accordo coi citati regolamenti locali, la copertura ha un andamento a dente di sega, estendendosi verso l’esterno con la terrazza a sbalzo dell’ultimo piano, in cui sono incastonati dei lucernari a tutta larghezza che irradiano di luce naturale anche gli spazi più profondi e ipogei. Da sottolineare vi è anche la ricerca sui materiali, oltre ai già citati grigliati acrilici rinforzati in fibra di vetro, vi sono travi di vetro ma soprattutto il bel calcestruzzo armato bianco, già utilizzato con successo da OMA a Milano nella Torre di Fondazione Prada (vedi Arketipo n. 122/2018), che stabilisce qui un rapporto dinamico con l’ambiente circostante: in netto contrasto con il verde della collina in estate, completamente mimetizzato in una tipica giornata invernale. La cura estrema nel disegno e nella realizzazione in cantiere dei dettagli costruttivi, seguiti e disegnati da Federico Pompignoli, che riescono a isolare termicamente una struttura in calcestruzzo armato a vista e rendono minimalmente invisibile qualsiasi elemento tecnico o giunto che avrebbe potuto ridurre l’armonia visiva di questa architettura, sono un’ulteriore nota di merito di un progetto di notevole interesse e qualità.
DETTAGLI COMPLESSI E PRECISI
La costruzione della casa a Zeel am See è caratterizzata da dettagli costruttivi complessi, realizzati con qualità, improntati a una forte pulizia formale. Il cantiere è stato pianificato accuratamente, tenendo conto che si doveva inserire un volume all’interno di un terreno in pendenza, in adiacenza a edifici esistenti, il cui equilibrio statico non doveva essere perturbato. Nel realizzare gli scavi e la struttura in calcestruzzo armato, la costruzione è stata delimitata da teli a tutta altezza e in sommità, per ridurre la polvere che si poteva diffondere nei dintorni. Gli elementi di calcestruzzo bianco, portanti gettati in opera, hanno una qualità estetica molto alta e sono il risultato di una serie di prove che sono state eseguite prima di iniziare il cantiere, al fine di raggiungere il livello estetico aspettato. Tutti gli elementi della costruzione, in particolare quelli impiantistici, sono stati progettati in modo accurato prima dell’inizio del cantiere, poiché al fine di non lasciare elementi visivamente impattanti a vista (pluviali, impianti elettrici ecc..), molti di essi scorrono in spazi ricavati nell’intercapedine tra i due strati di calcestruzzo bianco o anche in apposite nicchie e incavi realizzati nella struttura. Sempre dal punto di vista impiantistico, la distribuzione dell’aria avviene utilizzando un’ampia intercapedine, ben visibile in sezione, posta al di sotto del piano della scalinata principale che attraversa tutta la costruzione, che funge sia come distributore della ventilazione naturale che come plenum di immissione dell’aria - per riscaldamento e raffrescamento - trattata. L’alzata dei primi scalini di ognuna delle rampe della scala, sono lasciati parzialmente vuoti proprio per consentire tale ventilazione. Un altro elemento che è stato integrato in molti punti della costruzione posti all’esterno, laddove si possono accumulare neve e ghiaccio, sono delle serpentine elettriche visibili in diversi punti dei dettagli costruttivi che pubblichiamo, anch’esse integrate nella costruzione in modo da non essere visibili. Con la stessa logica, anche molti elementi di illuminazione interni, posti linearmente, sono collocati in incavi che non li rendono visibili. I grandi elementi vetrati, tanti dei quali sono anche mobili, sono stati dimensionati per minimizzare la visibilità dei loro giunti con i muri portanti a cui sono fissati, per cui la loro posa è stata pianificata e realizzata con estrema cura poiché i margini di manovra e di errore erano minimi.
Scheda progetto
Architect: OMA
Partner: Rem Koolhaas with: Federico Pompignoli (PMParchitecture), Davide Masserini, Clément Périssé
Period: 2018 - 2023
Area: 280 mq
OMA’s Partner: Rem Koolhaas,
Concept: Davide Maserini, Clément Périssée, Federico Pompignoli
Construction: Federico Pompignoli
Team: Niels Axen, Marco Gambarè, Gianluca Ramaccia
Building Contractor: HeinrichBau
Structural engineer: Baucon
Mechanical engineer: Hauschild
Facade: Capoferri Serramenti
Special furniture: UniFor
White concrete: Rohrdorfer Zementwerke
Curtain design: Inside Outside / Petra Blaisse
Building supervision/Project management: Kessler2
Building physics: Rothbacher
Electrical planning: Altenberger
Interior finishes: Tecnolegno, RB Cartotecnica, OMMG, S.T.R.S.
White concrete cosmetics: Francesco Nerobutto
Marbles: TA&B
Electrical fixtures: Effettoluce
Local architect: AK F Architects - Carl Schlaeffer
Documentary: Frans Parthesius
Photos: Pernille Loof & Thomas Loof, Frans Parthesius, Laurian Ghinitoiu