Vista da nord-ovest: la piattaforma/piazza pubblica creata in quota collega la comunità all’edificio

Il 9 novembre 2016 è stato inaugurato l’ampliamento dell’ospedale universitario della Fundación Santa Fe di Bogotá che, da oltre 40 anni, offre servizi ospedalieri e ambulatoriali progettati per pazienti, famiglie e visitatori. La natura è sempre stata parte integrante della missione della Fundación Santa Fe, sin da quando è stata costituita nel 1972. I fondatori hanno infatti immaginato un’istituzione medica senza scopo di lucro, sempre in prima linea nella ricerca e nella cura del paziente, evitando la sterilità che prevaleva negli edifici ospedalieri tradizionali. Questo approccio ha guidato l’architetto modernista americano George Nelson nella progettazione del primo edificio della fondazione, una struttura arricchita da giardini alberati, un atrio arioso e piantagioni sul tetto. Questa filosofia ritorna al centro anche nella nuova espansione concepita dall’architetto Giancarlo Mazzanti e dal suo gruppo di progettazione, un edificio dove lussureggianti giardini interni, combinati con le viste delle colline frastagliate andine, danno ai pazienti in via di guarigione un senso di libertà e speranza. L’idea progettuale collega in modo sottile l’architettura moderna dell’edificio originale, risalente agli anni Settanta, con un disegno architettonico contemporaneo, dove l’acciaio, il cemento, il vetro e i laterizi diventano i protagonisti del nuovo ampliamento dell’ospedale. Materiali comunemente usati nell’architettura di Bogotà, ma che in questo caso vogliono rompere con la tradizione e con il noto attraverso lo sviluppo di un reticolato in mattoni che riveste le quattro facciate. L’edificio si presenta come un blocco privo di aperture visibili dall’esterno, una facciata galleggiante in mattoni nasconde dietro di sé la vita quotidiana di medici, pazienti, funzionari e visitatori, mentre, durante le ore notturne, il suo interno si illumina rivelando la struttura retrostante e, per un occhio attento ai dettagli, frammenti di ciò che accade all’interno.

L’edificio progettato dall’architetto colombiano Giancarlo Mazzanti all’angolo di Avenida Novena e Calle 119, non si differenzia solo per l’utilizzo differente del mattone ma anche per la sua altezza e la sua rotazione planimetrica. I dodici piani poggiano su un podio ruotato in pianta di 45 gradi, voltando le spalle agli “antenati” e mostrando il volto alla città contemporanea. L’edificio costituisce l’ancora più settentrionale del complesso ospedaliero, diventando il nuovo punto di riferimento del vivace quartiere Usaquén di Bogotà, dove convivono edifici a uso residenziale e strutture commerciali. L’espansione dell’ospedale universitario risulta sempre in armonia con il paesaggio urbano, la facciata riprende l’uso del laterizio che caratterizza l’edificio esistente, evolvendosi in una sottile cortina di mattoni intrecciati. Il team Mazzanti ha infatti sviluppato un originale sistema costituito da mattoni forati agganciati a cavi in acciaio come perle su una collana. Il mattone che si muove liberamente in alcune aree, compatto in altre, crea diversi gradi di trasparenza e opacità. Una grande depressione concava e finestre a nastro caratterizzano ciascuna facciata, aggiungendo ulteriore consistenza alle quattro esposizioni. I progettisti hanno voluto promuovere l’apertura dell’edificio non solo tramite la facciata, ma anche attraverso una piazza pubblica che consente alla comunità di avvicinarsi all’edificio e viverlo. Questa piazza, collocata sul podio e accessibile tramite scale poste sul marciapiede tra Carrera 9 e Carrera 7, offre altresì un collegamento sia visivo sia fisico con l’interno dell’ospedale. Un vuoto circolare che attraversa la piattaforma crea uno spazio nel quale è stato ricavato un giardino chiuso da vetrate, che garantisce alla luce, al sole e al verde di introdursi nella hall principale. All’interno di questa reception, accessibile da ingressi a livello stradale, il team Mazzanti ha inserito diversi collegamenti con la hall esistente, collocata due piani sopra, tramite una serie di scale. Gli ascensori portano i visitatori ai principali piani medici, che comprendono i reparti di terapia intensiva, chirurgia, neonatologia, ostetricia e ginecologia. Il piano di neurologia, collocato al settimo livello, comprende anche un auditorium e alcune sale a uso esclusivo del personale ospedaliero. Nelle zone destinate ai pazienti i progettisti hanno voluto “creare un rapporto profondo con la natura e con la città”, disegnando un ambiente che potesse essere percepito come una sorta di camera d’albergo. Le finestre a nastro sono state appositamente posizionate a livello del letto, consentendo in questo modo ai pazienti di avere una vista senza ostacoli sui tetti di tegole rosse della città e sulle Ande. Sono stati inoltre adottati numerosi piccoli accorgimenti che hanno permesso di garantire un maggior comfort agli ospiti della struttura. All’interno dei corridoi, ad esempio, sono state posizionate delle luci laterali per tenere il bagliore lontano dagli occhi dei pazienti sulle barelle.

Prima di intraprendere il processo progettuale gli architetti hanno effettuato un lungo lavoro di analisi, sollecitando input dal personale ospedaliero, al fine di adottare tutti gli accorgimenti necessari al miglioramento sia della qualità lavorativa, sia della gestione della struttura. Sono state quindi inserite passerelle tra la facciata in mattoni e l’involucro dell’edificio in modo da facilitarne la manutenzione; sono stati introdotti percorsi per lo smaltimento dei rifiuti al fine di ridurre la contaminazione incrociata; sono state realizzate spaziose sale relax per il personale. Nella parte superiore dell’edificio è stato poi realizzato un giardino interno che si snoda su quattro piani all’interno di una cavità tra la facciata in mattoni e le pareti di cemento. Sono stati inoltre realizzati un nuovo ristorante e un auditorium con una capacità di oltre 250 persone, disponibili sia per il pubblico interno sia per quello esterno, in modo da poter rispondere alla necessità di formazione e di istruzione del personale, dei pazienti e delle loro famiglie.

MEMBRANA TRAFORATA E SINUOSA DI MATTONI
L’immagine esterna dell’edificio è quella di un blocco compatto, privo di aperture visibili dall’esterno, una facciata galleggiante di mattoni che nasconde all’interno i dodici piani di cui è composto l’ampliamento della Fondazione Santa Fe. Attraverso la sua materialità e configurazione, la facciata smette di funzionare semplicemente come una pelle e assume vari significati e funzioni, diventando un elemento di identità per la Fondazione e consolidandone l’immagine urbana. L’utilizzo della facciata di mattoni ha permesso al nuovo edificio di integrarsi con il linguaggio corrente della clinica, accentuandone l’idea di sobrietà nella progettazione architettonica. D’altra parte, l’aspetto innovativo della facciata non può passare in secondo piano. Viene infatti proposta una configurazione “diversa” rispetto al tradizionale utilizzo del laterizio, una sottile cortina di mattoni intrecciati costituito da laterizi forati agganciati a cavi in acciaio come perle su una collana, un sistema di muratura “a cerniera” che enfatizza le possibilità aggiuntive del materiale. La configurazione del tipo “mudéjar” genera una particolare atmosfera interna. L’uso del muro di mattoni come una membrana consente una relazione semi-privata con l’esterno e la luce filtrata attraverso di esso illumina le stanze in modo diffuso e uniforme. La facciata in muratura è composta da un sistema di elementi prefabbricati in mattoni forati agganciati a morsetti di alluminio anodizzato e distanziati da boccole in lega metallica, fissati con rinforzi di acciaio a intervalli di 2 m e ancorati ai bordi delle piastre a ogni livello dell’edificio. In questo modo la lama esterna della facciata è in grado di resistere alle pressioni del vento e assorbire i relativi spostamenti della struttura, riducendo al minimo le fessurazioni e garantendone la stabilità. Dietro la pelle più esterna di mattoni è stata poi inserita una seconda pelle di vetro per consentire di ridurre l’inquinamento acustico e permettere un adeguato isolamento climatico aumentando il comfort termico e acustico.

Scheda progetto
Progettisti: El Equipo Mazzanti – Giancarlo Mazzanti
Committente: Fundación Santa Fé de Bogotá
Data di completamento: 2016
Superficie: 32.000 m2
Luogo: Bogotà, Colombia
Collaboratori: Sebastián Negret, Fredy Fortich, Rocío Lamprea, Alberto Aranda, Ana Varona, César Grisales, Clara Vila, Daniel Cely, Diego Casas, Dorotea Rojas, Felipe Pombo, Iván Bernal, Juan Carlos Zúñiga, Juan Sebastián Muñoz, Juan Sebastián Tocaruncho, Lorenza Baroncelli, Julián Gaviria, Juan Manuel Gil, Julián Otalora, Laura Luque, Juliana Zambrano, Manuela Dangond, Marcela Gómez, Maria Sol Echeverry, Patricia Gualteros, Sebastián Corredor, Trinidad Guzmán
Photos: Alejandro Arango, El Equipo Mazzanti

Arketipo 121, Involucri, giugno 2018