In Gran Bretagna, durante il periodo di lezione, circa l'1% della popolazione vive in residenze progettate per ospitare gli studenti universitari: vale a dire una dotazione di circa 400 mila letti, con numeri in crescita, dal momento che aumentano gli iscritti all'istruzione universitaria. Nonostante questa importanza sociale - che si traduce anche in consumi energetici ed emissioni inquinanti non trascurabili - la tipologia della residenza studentesca ha attirato, fino a oggi, scarsa attenzione, forse anche nella convinzione che budget limitati possano produrre solo architetture di scarsa qualità e prestazioni minime.
Con la loro opera per il campus di Westfield del Queen Mary College, parte della University of London, Feilden Clegg Bradley dimostrano il contrario, realizzando un complesso per più di mille studenti che riesce a dare forma compiuta a un'area dismessa nell'East End londinese.
Un progetto di riqualificazione
Il contesto non era dei più semplici: una zona di Londra dove la compattezza della City lascia il posto a un groviglio di linee ferroviarie, aree industriali e abitazioni operaie, a metà strada fra Whitechapel e quella Straford in corso di rigenerazione per ospitare le Olimpiadi del 2012. Il lotto a disposizione confina, a ovest, con una zona residenziale di tipiche abitazioni in linea e, a sud, con il campus universitario; inoltre, è delimitata, a nord, dal tracciato delle linee ferroviarie che collegano Londra con il Kent e, a est, dal Grand Union Canal, oltre il quale si trova un parco pubblico.
Feilden Clegg Bradley colgono l'occasione offerta da queste due ultime barriere, per articolare la risposta urbanistica e architettonica a un programma che avrebbe potuto facilmente materializzarsi in edifici monotoni e di grande scala. In primo luogo, la presenza della ferrovia e del canale viene sottolineata con due edifici lineari di 6 e 8 piani, che stabiliscono il margine dell'intero campus universitario: quello disposto lungo la ferrovia (Pooley house) è un blocco compatto che, caricandosi di requisiti acustici molto elevati, protegge dal rumore dei numerosi treni in transito il resto dell'insediamento. Quello allineato con il canale (Sir Christopher France house), al contrario, è più permeabile per garantire continuità visiva fra gli spazi pubblici e l'area verde a est.
Facciate di mattoni e rame
Così definiti i limiti del complesso, lo spazio interno è stato poi riempito con tre blocchi più bassi, caratterizzati da corti, aree verdi e, in generale, da un'articolazione variata che favorisce l'interazione sociale fra gli studenti. Mentre questi ultimi edifici presentano una facciata di mattoni a vista, coerente con la loro scala domestica, gli altri due, che caratterizzano l'immagine più pubblica del college, sono rivestiti con nastri di rame con finiture e colori diversi. Le prime due fasi della costruzione hanno riguardato, in sequenza, i blocchi centrali - dove sono state sperimentate molte delle soluzioni costruttive in seguito adottate per il resto degli edifici - e poi le due stecche. In una terza fase, appena terminata, è stata invece costruita una residenza per altri 200 studenti, che farà da cerniera fra la zona residenziale e gli edifici accademici a sud-ovest del sito.
Una residenza convertibile in hotel
Oltre che dalle crescenti aspettative di comfort da parte degli utenti, le scelte sono state guidate dalla tendenza a utilizzare le residenze universitarie, nei periodi non interessati da lezioni, come struttura alberghiera per conferenze e congressi. Tutte le stanze, quindi, sono dotate di bagno privato e sono raggruppate in nuclei da 5-9 stanze singole, che gravitano attorno a una cucina condivisa. Questa rappresenta il cuore dell'unità abitativa, e favorisce un utilizzo più responsabile delle strutture (con un senso di appropriazione molto diverso rispetto a quello delle grandi mense impersonali, tipiche delle residenze universitarie degli anni '60-70).
La distribuzione degli spazi
La varietà distributiva maggiore si riscontra nell'edificio più grande, vale a dire nella Pooley house, dove le unità abitative sono costituite da 9 stanze singole. Mentre il lato sud ospita coppie di camere nello spazio libero di una campata strutturale (5,1 m), quello nord è caratterizzato da corpi aggettanti sulla ferrovia, che i progettisti hanno soprannominato “flipper”: Qui le stanze adiacenti sono diverse fra loro. Altre variazioni, anche negli edifici bassi, sono giocate sull'orientamento, sui colori e sull'arredamento delle camere. Le stanze di Sir Christopher France house, rivolte in buona parte verso il canale, vengono, invece, affittate a canone più alto e sono concepite anche per uso congressuale. L'edificio è, in realtà, composto da due corpi indipendenti, visivamente connessi da un coronamento in sommità: la parte nord è dedicata agli studenti, mentre quella meridionale è riservata a docenti e ricercatori in visita. Qui le stanze sono più ampie, arredate in modo flessibile e dotate di vasca da bagno individuale.
Efficienza energetica
Dal punto di vista energetico, il parametro principale da tenere sotto controllo è risultato la produzione di acqua calda per uso sanitario, dal momento che l'involucro è stato progettato con livelli di isolamento termico migliori del 25% rispetto alle prescrizioni di legge, e con particolare attenzione alla tenuta all'aria. Grazie a questi accorgimenti, il fabbisogno per riscaldamento degli ambienti è molto ridotto e viene coperto con sistemi elettrici di piccola taglia, sufficienti a compensare sia le dispersioni attraverso i muri perimetrali, sia quelle dovute alla ventilazione. La produzione di acqua calda sanitaria è, invece, assicurata da caldaie a condensazione presenti in ogni immobile. I ridotti tempi previsti per la costruzione hanno imposto l'adozione di un sistema strutturale di rapida esecuzione, completato da chiusure leggere, isolate e assemblate a secco, mentre i bagni sono stati realizzati con cellule prefabbricate.