Il ferro e il vetro sono l’emblema simbolico e il dispositivo perfetto attraverso il quale l’architettura europea del XIX secolo regola la relazione tra la vendita di beni voluttuari e lo spazio urbano. Naturalmente perché funzioni c’è bisogno di alcune condizioni di contorno: un’idea moderna di città, la presenza crescente di una folla (baudeleriana) che si senta attratta dalle sue “luci”, una struttura geopolitica colonialista non contestata, una tecnologia edilizia nuova, una struttura produttiva neoindustriale che renda i prodotti di qualità e “di moda” accessibili e desiderabili per la nascente borghesia urbana. La maggior parte dei passages (gallerie coperte e piene di vetrine che collegano due strade della città, allora buie e anguste) vengono realizzati a Parigi nella prima metà dell’Ottocento. Dalla metà del XIX secolo - in concomitanza non casuale con l’apertura del Chrystal Palace a Londra, all’Expo del 1851 - il ferro e il vetro si trasferiscono dalla topologia lineare dei passages alle piazze coperte e multipiano dei “grandi magazzini”, a partire da Le Bon Marché del 1852. I primi cominciano a spostarsi dal contesto delle innovazioni urbanistiche a quello dell’heritage da conservare, i secondi diventano il nuovo tòpos della metropoli moderna, frammenti di città indoor legati a un marchio aziendale unico che si assume la responsabilità di scegliere i migliori prodotti e che si garantisce in questo modo una crescita del capitale più veloce e più ampia. Il primo segno di vita delle Galeries Lafayette è una merceria del 1893, il loro primo grande magazzino apre su Boulevard Haussmann nel 1912. Anche La Samaritaine nasce come un semplice negozio di abbigliamento affacciato su Rue de Rivoli, ma cresce molto rapidamente, trasformandosi, tra la fine dell’800 e il 1928 in uno smisurato superblock che comprende 4 edifici e che si estende dal Rue de Rivoli alla riva della Senna, incarnando fino in fondo i principi della Parigi haussmanniana. Il corpo edilizio maggiore, quello centrale, apre nel 1907; il complesso vede impegnati nel progetto architetti importanti come Frantz Jourdain e Henri Sauvage. Ferro e vetro, per tornare a dove eravamo partiti, sono qui protagonisti assoluti, grazie sia a un esoscheletro modernissimo e monumentale che unisce grazia e potenza (e permeabilità alla luce) sia al trionfo scenografico dei due materiali nel paesaggio interno del magasin, dove esplicano in modo spettacolare il doppio ruolo di struttura e decorazione art nouveau.

Com’è noto, la sorte dei grandi magazzini europei ha cominciato a declinare negli anni ’70, col diffondersi del modello, già ampiamente affermato in America, dei centri commerciali. La situazione è poi peggiorata all’affermarsi progressivo di discount, outlet e soprattutto dell’e-commerce. Il destino de La Samaritaine non è stato diverso, nonostante il passaggio alla proprietà del gruppo LVMH, avvenuto nel 2001. Nel 2005 i quattro edifici hanno chiuso i battenti, ufficialmente per motivi legati alle norme di sicurezza, in attesa di rilancio architettonico e finanziario. Nel 2009 la proprietà ha deciso di affidare l’incarico del progetto generale di ristrutturazione (in particolare degli edifici 2 e 4) allo studio SANAA, architetti straordinari, ma abbastanza a digiuno di esperienze nel campo del restauro “all’europea”. Sejima e Nishizawa si sono così trovati davanti un compito non semplice, dato che si trattava da un lato di mettere le mani su una delle identità profonde della città di Parigi - un grande blocco commerciale nel centro monumentale di Parigi - e dall’altro di salvarlo da una grave crisi architettonica e funzionale, reinserendolo nel flusso virtuoso delle idee, delle persone e degli scambi che caratterizzano la metropoli del XXI secolo. La risposta di SANAA è stata netta e articolata, capace di mettere in campo tutti i registri del progetto architettonico, dalla nuova edificazione al recupero al restauro filologico fino alla semplice indicazione planivolumetrica. L’obiettivo era a un tempo ovvio e difficile: costruire un’architettura e un pezzo di città capaci di resistere bene all’inserimento e alla stratificazione di intenzioni e progettualità successive, tipiche dell’architettura dei luoghi del commercio. Per ottenere questo grado di resilienza progettuale il team di SANAA ha concentrato i suoi sforzi su alcuni elementi essenziali della nuova Samaritaine: l’edificio completamente nuovo su Rue de Rivoli, la bellissima pianta complessiva del blocco, articolata intorno all’idea di una percorribilità longitudinale totale e alla presenza di una serie di corti e patii variamente caratterizzati, la struttura metallica esterna, accuratamente restaurata e ridecorata, e infine la valorizzazione del patrimonio storico e spaziale del corpo più importante, con la grande copertura di vetro e ferro, la terrazza coperta coi ristoranti, le scale, i pavimenti e le balaustre originali. La scelta di sostituire l’edificio su Rue de Rivoli nasce ovviamente dalla necessità di rimarcare la presenza di una nuova Samaritaine, con valori architettonici rinnovati e una capacità specifica di reagire al contesto urbano.

Al tempo di Jourdain e Sauvage l’urgenza è rafforzare il nuovo layout del centro di Parigi, anche con una costruzione senza grande qualità. Oggi l’intervento di SANAA può esprimere un’adesione più critica e sottile al contesto, piegando il vetro della facciata ondulata come fosse allo stesso tempo una risonanza e una riflessione distorta del ritmo delle facciate che lo circondano. Arrivando sia da est che da ovest verso l’ingresso nord si nota subito un’altra caratteristica essenziale della Samaritaine di SANAA, la trasparenza alla luce, pur filtrata da tre strati di vetro e dall’accurato trattamento delle lastre serigrafate. La Samaritaine originale contava molto sulla struttura metallica per preservare ampie superfici finestrate che illuminassero l’interno. Poi l’architettura dei grandi magazzini è andata sempre più decisa verso le pareti cieche la luce artificiale (difficile non pensare alla Rinascente di Albini & Helg). Nella nuova Samaritaine la luce esterna continua a entrare dalle grandi finestre come avveniva nel progetto originale. La pianta al piano strada (in realtà ci sono almeno un paio di “piani strada”, elegantemente raccordati) è un documento importante per la comprensione del progetto. Nel blocco nord lo spazio si articola intorno a un doppio patio al piano interrato, immaginato come un giardino sotterraneo e alberato. La seconda “piazza” interna, procedendo verso sud, ha un patio centrale con una grande copertura vetrata, che ospita la circolazione verticale tra i piani di pertinenza della Samaritaine e allo stesso tempo consente ai visitatori di rendersi conto che il complesso non ospita solo il grande magazzino, ma che è un edificio complesso e mixed-use, che dal terzo piano in poi ospita uffici, appartamenti, unità di social housing. Lo sfavillio di luci e segnali appariscenti che certamente caratterizzano lo spazio commerciale, e che tanto affascinavano Baudelaire e Benjamin, è quindi compensato, quando si guarda allo spazio interno della corte maggiore, dalla sobrietà degli uffici e dall’intimità domestica dei balconi.

Arrivati al terzo blocco si completa la transizione dal carattere contemporaneo della facciata su Rue di Rivoli al trionfo heritage del corpo principale realizzato da Jourdain, caratterizzato dalla grande scritta - mantenuta - col nome del grande magazzino. Qui SANAA ha dovuto estendere al massimo il suo expertise su procedure e tecniche del restauro, recuperando balaustre e decorazioni architettoniche, scultoree e pittoriche, preservando la scenografia della grande scala doppia che va dal piano terra alla spettacolare terrazza coperta. Dove possibile, soprattutto nella parte strutturale e nelle facciate, l’intero apparato metallico di travi, pilastri, pensiline e decori è stato smontato, trattato e rimontato, scegliendo una tonalità di colore vicina all’originale e adatta a valorizzare le decorazioni pittoriche e gli affreschi. Nella grande terrazza che oggi ospita i ristoranti sia la copertura che i pavimenti sono stati rifatti, adattando lastre e montanti del tetto alle normative e alle esigenze ambientali attuali, replicando in particolare lo spettacolare pavimento in vetro traslucido che lasciava scendere la luce ai piani inferiori. La sequenza architettonica nord-sud si conclude con l’edificio con la vecchia facciata di Sauvage che ospita il nuovo hotel. Lo studio SANAA non è implicato nel design dell’albergo ma certamente ha cercato di violarne i confini, per consentire al percorso urbano passante che attraversa La Samaritaine di affacciarsi sul quai du Louvre e quindi sulla Senna. Il progetto offre una buona soluzione all’interessate conflitto (la hall di un hotel è uno spazio abbastanza pubblico ma non troppo) lasciando affiorare la facciata del grande magazzino verso la Senna, a lato dell’ingresso dell’albergo. C’è ovviamente uno scarto tra i rendering immacolati degli spazi interni prodotti dallo studio e l’immagine attuale e inevitabilmente kitsch dello spazio della vendita, firmato da designers di interni e singoli marchi. Ma l’impressione di chi guarda al valore della Samaritaine è che la forza architettonica che parte dalla nuova facciata e attraversa l’articolazione spaziale di piani e patii riesca ad arrivare indenne alla grande scala monumentale e alla terrazza coperta, terminale spaziale ed espressivo non facile da dimenticare. E ad affacciarsi infine sulla Senna con la sensazione di un’esperienza architettonica inedita e di successo, vale a dire l’incontro interessante tra una tipologia affollata e iperdecorata come quella del grand magazin e l’idea rarefatta e flessibile di spazio che caratterizza l’architettura di SANAA.

LA FACCIATA CURVA
La facciata del Samaritaine è composta da tre strati diversi: quello più interno ha una funzione di barriera termica, mentre i due più esterni hanno la funzione di omogeneizzare l’edificio nel suo sviluppo. La pelle curva esterna è composta da vetri cilindrici che si appoggiano puntualmente su staffe regolabili in acciaio inox. Per via della grande variazione geometrica della pelle esterna, è stato studiato un sistema di appoggi regolabili che potessero avere un aggancio universale con le staffe collegate all’edificio. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo di un perno posto sull’appoggio e ruotabile nell’asse parallelo al vetro. L’insieme dei tre strati vetrati pone una questione importante sulla manutenzione e la pulizia considerando che i due strati estremi sono fissi. Per ovviare a questa rigidezza, la pelle intermedia è dotata di un sistema di pivot centrale che fa ruotare il vetro di 15° sul suo asse e lasciando così lo spazio per la pulizia esterna della pelle termica. La facciata non è dotata di camminamenti per la manutenzione e, conseguentemente, il cestello deve essere calato dall’alto tramite un sistema di sollevamento del vetro di chiusura orizzontale superiore.

L’OMBRELLE
La ricerca di forma per la configurazione dei tiranti inferiori per l’Ombrelle considera come vincoli il bordo esterno e i quattro pilastri centrali di appoggio. Questo forma un quadrato centrale e quattro semicerchi sui lati riducendo molto lo spessore globale del sistema di supporto. I vetri sono quadrati e tenuti da dei profili a T in acciaio verniciato bianco mentre le barre di tensione, poste nella parte inferiore, sorreggono la vetrata attraverso degli elementi in compressione puntati sui profili a T. In una delle due direzioni i tiranti metallici sono continui mentre nell’altra sono discontinui all’intersezione delle bielle verticali. Tale sistema è possibile grazie all’uso di linguette metalliche che distanziano le due orditure. L’intera vetrata è un sistema isostatico poiché è ancorata orizzontalmente solamente sui solai laterali, mentre i profili metallici del perimetro vetrato sopportano unicamente i carichi verticali della copertura. Per semplicità il sistema di regolazione dei tiranti viene fatto nella parte perimetrale ma data la grande lunghezza di alcuni elementi, è stato introdotto un elemento centrale per aiutare il tiraggio nel post operam.

IL DOME
Il Dome è fondamentalmente diverso dall’Ombrelle in quanto la struttura inferiore è composta da cavi e non da tiranti a barra e l’intera copertura si appoggia sui solai laterali. La trama dei cavi inferiore è più spaziata rispetto a quella dei vetri sovrastanti per aumentare la leggerezza della struttura: ogni quadrato formato dai cavi contiene quattro vetri. Come per l’Ombrelle, i profili del tetto sono realizzati con elementi in acciaio a T che vengono puntualmente sorretti da bielle in compressione. Uno degli aspetti più caratterizzanti della struttura è l’assenza di forze di compressione all’interno della struttura che sorregge il vetro. Questo è possibile grazie alla realizzazione di appoggi scorrevoli dei profili a T sui lati della copertura e, per questo, la sezione degli elementi portanti può essere minimizzata per aumentare trasparenza e luminosità della copertura. L’assenza di supporti centrali genera sforzi orizzontali molto importanti all’interno dei solai limitrofi i quali vengono ripresi da una struttura metallica reticolare di rinforzo al solaio. Questo “anello di compressione” permette un tiraggio efficace dei cavi senza generare una fessurazione nelle solette e mantenendo un comportamento rigido uniforme su tutto il perimetro.

 

Scheda progetto
Località: Rue de Rivoli, 1 - Paris
Committtente: Grands Magasins de la Samaritaine Maison Ernest Cognacq
Area: 65,120 mq
Handover: 2021
Sanaa Lead Architects: Kazuyo Sejima, Ryue Nishizawa
Partner in Charge: Yoshitaka Tanase
Design Team: Loic Engelhard, Takayuki Hasegawa, Takayuki Furuya, Léa Hippolyte, Marc Dujon, Bradley Fraser, Shogo Onodera, Arrate Arizaga Villalba, Corinne Bokufa, Eloka Som Lucy Styles, Yukiko Kamei, Margot Aurensan
Sra Architectes Lead Architects: Jean Rouit, Clémence Saubot
Design Team: Joëlle Agarande, Alexis Arthaud, Tamara Bissat, Corentin Buzot, Daniel Cano, Évelyne Feltin, Véronique Garin, Hugues Girardin, Sylvestre Gulacsy, Sophie Hosteing, Étienne Jacquin, Anna Malcoëffe, Jérôme Quiévreux, Baptiste Rouit, David Vaughan, Charlotte Vadot, Richard Voilquin, Miriam Walbaum
Lead Architects For Heritage Restoration: Jean-François Lagneau, Xavier Lagneau, Patrice Girard
Design Team: Jean-Jacques Brunie
Lead Architects For Housing And Nursery: François Brugel, Victor de Almeida
Design Team: Clothilde Dolz, Julie Hermanowicz, Camille Quilichini, Gordon Wourms
Conception: SANAA
Local Operations Architects: SRA Architectes
Structural Engineers: RFR GO+, AEDIS Ingénierie, EGIS Bâtiments
Acoustics Engineers: Acoustique & Conseil
Façade Design: RFR
Façade Construction: FRENER & REIFER
Quantity Surveyor: AE75 - EGIS Bâtiments
Hydraulic engineering: Barbanel
Flow and transport engineering: OGI
Geothermal Analysis: Burgeap
Photos: Pierre-Olivier Deschamps, Agence VU’ and Takashi Homma, Frener & Reifer, Vladimir Vasilev, Jared Chulski
Text: Pippo Ciorra

Arketipo 155, Involucri, Aprile 2022