
Il 7 giugno 2022 è stata inaugurata a Stoccolma la Queen Silvia Concert Hall, la sala concerti intitolata alla regina Silvia di Svezia, moglie di Re Carlo XVI Gustavo, sostenuta e finanziata dal mecenate Stefan Persson (Ransbury) e da un gruppo di donatori. L’autore del progetto è l’architetto Giorgio Palù - Arkpabi, con la consulenza acustica di Yasuhisa Toyota e Marc Quiquerez di Nagata Acoustics, studio noto per aver collaborato alla progettazione di importanti sale da concerto di archistar come, fra gli altri, Frank Gehry, Herzog & de Meuron, Arata Isozaki, Toyo Ito, Jean Nouvel e Renzo Piano. Molte delle sale nelle quali è stata coinvolta Nagata Acoustics rimandano all’“archetipo” della Philharmonie di Berlino del 1963, e capiremo presto perché sia un aspetto importante. Quando emerse la necessità di realizzare una concert hall a Stoccolma, circolavano nelle pagine delle riviste e nei siti web di architettura internazionali le immagini spettacolari dell’auditorium Giovanni Arvedi, da poco inaugurato a Cremona (2013), progettato proprio dall'architetto Palù. Verso la fine del 2013 Nagata Acoustics, autrice della progettazione acustica dell’auditorium Giovanni Arvedi, era stata invitata a fornire una consulenza per la futura Queen Silvia Concert Hall e fu Yasuhisa Toyota a caldeggiare Giorgio Palù come progettista, scelto fra una rosa di nomi prestigiosi, della sala concerti, in ragione del loro fruttuoso rapporto a Cremona. A quel punto, siamo nel 2015, Mark Tatlow, il direttore scientifico della Lilla Akademien1, il conservatorio della città di Stoccolma fondato nel 1994 da Nina Balabina, contattò l’architetto cremonese e lo invitò a recarsi da lui per conoscersi e per mostrargli la sala che assieme a Toyota avevano prescelto all’interno degli edifici del campus dell’accademia, un ex orfanotrofio e ospedale realizzato nel 1885.
Palù, durante il primo sopralluogo, suggerì di cambiarla con un’altra sala più adatta, perché secondo lui aveva dei problemi dimensionali e di collocazione all’interno dell’edificio, visto che ostacolava alcuni passaggi importanti tra gli edifici. Nelle intenzioni del committente l’auditorium doveva servire sia come piccola sala per spettacoli, sia come sala prove per l’ensemble della scuola. Voleva che venisse realizzato uno spazio flessibile destinato a performance di diverso tipo, con l’ambizione di “educare i musicisti del (e per il) futuro” e incoraggiare la creatività di studenti e artisti professionisti. «Se questa era la sfida funzionale - afferma l’architetto Palù -, dal punto di vita poetico e concettuale l’obiettivo era creare una sala fortemente ispirata al senso di continuità e di fluidità. Per raggiungere un obiettivo simile ho pensato al nastro usato dalle ginnaste della danza ritmica, alla sua elegante leggerezza e all’armonia dei suoi movimenti»2. A questi aspetti plastici, rappresentati con una serie di schizzi3, e in seguito con una scultura, che fissano icasticamente il concept di progetto, si è aggiunta «l’idea di realizzare una sala molto intima, in cui studenti, musicisti e pubblico potessero essere avvolti dal suono e condividere le stesse emozioni. Nelle strutture teatrali tradizionali il pubblico è da una parte e il musicista dall’altra e questo crea inevitabilmente una barriera. L'obiettivo, al contrario, era creare uno spazio "democratico" senza barriere, orientato a uno scambio continuo di emozione e di energia». L’intenzione era favorire un’osmosi tra chi suona e chi la musica l’ascolta, un’osmosi tra suono e architettura, proprio come succede nella Philharmonie di Hans Scharoun - esplicito riferimento di progetto dell’architetto dello studio cremonese -, dove l’organizzazione degli spalti «a vigneti (vineyards) risalenti a gradoni»4 trasmette, «nonostante la dimensione della sala, un senso di intimità agli ascoltatori. La partecipazione allo spettacolo concertistico è diretta, non “mediata”. Il direttore non domina sul podio, non è elemento di separazione tra il pubblico e i concertisti come avviene nelle sale tradizionali»5.
Qui a Stoccolma, come nell’auditorium Giovanni Arvedi a Cremona e, seppure a una scala diversa, nella Philharmonie di Berlino, «tutti gli attori sono vicini, intimi, in una dimensione quasi onirica. Da qui la scelta di volumi morbidi e di balconate che sembrano appese in cielo, in una sala in cui tutti i punti sono connessi l’uno con l’altro per creare un grande abbraccio che avvolge musicisti e spettatori in un’unica esperienza sensoriale»6. Considerate le richieste funzionali della committenza, così aperte e orientate alla flessibilità, Palù ha inoltre concepito uno spazio sperimentale, dove in occasioni particolari possono venire sovvertite le posizioni canoniche dei musicisti e del pubblico, così com’è accaduto durante lo spettacolo inaugurale alla presenza dei reali di Svezia, quando i performer occupavano le balconate, mentre gli spettatori lo spazio del palcoscenico. Un’altra scelta forte è stata spostare il foyer in alto, al terzo piano, «qui, - afferma l’architetto - la tradizionale “anticamera” non si trova sullo stesso piano della scena, come in ogni teatro, ma al piano superiore, dove c’è la scuola di musica. Questa soluzione permette di raggiungere un duplice obiettivo: da un lato trasforma il foyer in uno spazio polivalente, utile come sala per le prove o per piccole performance sperimentali degli allievi del Conservatorio; dall’altro offre al pubblico un nuovo percorso di avvicinamento alla sala concerti. Grazie a un grande ascensore, ogni spettatore sale al foyer e poi inizia a scendere lungo una promenade architetturale che gli offre una visione panoramica dell’insieme e lo fa entrare progressivamente in sintonia con l’ambiente e lo spirito dell’evento musicale cui parteciperà»7. A proposito della costruzione e degli elementi della Queen Silvia Concert Hall, una volta identificato l’edificio del campus più adatto a ospitare la sala concerti, sono stati rimossi due solai, sono stati rinforzati i muri esistenti inserendo nella facciata interna dei pilastri in cemento armato ed è stato completamente rifatto il tetto, realizzato con delle capriate di travi di acciaio ad ali aperte. La sala ha una pianta rettangolare lunga 25,90 metri e larga 10,80, l’intradosso del soffitto a due falde raggiunge nel punto più alto i 13,25 metri di altezza necessari per una concert hall di quelle dimensioni. Lo stage è lungo 14,08 metri ed è largo 8,71. La capienza è di 320 posti (198 al piano terra; 62 al primo piano di cui 8 in piedi; 60 in piedi al secondo piano), ma può variare in funzione del tipo di performance. Il palcoscenico è situato in posizione semi-centrale ed è delimitato nei lati corti da due audience asimmetriche con le sedute fisse che salgono ripidamente verso l’alto. Quando le performance lo richiedono delle sedie rimovibili possono essere posizionate nello stage, riducendone così le dimensioni. Due livelli di balconate, dall’andamento curvilineo e polilobato, fluttuano leggiadri e percettivamente leggeri sopra la sala, come da concept di progetto; i loro solai, realizzati in cemento armato su una piastra metallica a perdere e piatti di ferro laterali sagomati, in alcuni casi si appoggiano su delle putrelle appese con dei tiranti metallici alle capriate del tetto, in altri casi invece le putrelle escono a sbalzo dalle pareti e sul lato privo di appoggio sono sostenute da tiranti, sempre appesi alle capriate. Le due pareti alle spalle delle audience sono state risolte con dei fondali sui quali è stato riprodotto l’arcipelago di Stoccolma. «Il mio sogno - afferma Palù - era dare la sensazione di trovarsi immersi nella natura circostante: da un lato la vista aerea dell’arcipelago di Stoccolma; dall’altro una luce fredda, nordica, simile all’aurora boreale, grazie a isole in acciaio lucido specchiato che generano riflessi e interazioni fra pubblico e spettatori. Come in alcune composizioni musicali nelle quali, nel bel mezzo della melodia, tra fughe e legati, arriva una nota dissonante, un ritmo sincopato, qui le quinte di chiusura diventano visioni scenografiche improvvise e inaspettate»8.
L’ARCHITETTURA È MUSICA CONGELATA
Il rapporto fra i progettisti e lo studio di consulenza funzionava così. L’architetto Palù inviava il file contenente il modello tridimensionale del progetto allo studio Nagata Acoustics, il quale faceva le sue prove e verifiche con un software di simulazione acustica. Quando venivano riscontrati dei punti le cui forme generavano distorsioni sonore, partiva la richiesta di correggerle. I progettisti erano liberi di fare le proprie scelte morfologiche e spaziali, ma in ottemperanza alle necessità acustiche. Accanto alle questioni formali, molte discussioni vertevano sui materiali e sulla loro “trasparenza” acustica. Un problema ostico era rappresentato dai numerosi vetri delle finestre della sala, le quali non dovevano essere oscurate con dei tendaggi, perché la committenza voleva che la luce naturale, così poca soprattutto nel periodo invernale, potesse fare il più possibile capolino all’interno della sala durante le performance. Per risolvere il problema Palù ha inventato delle controfinestre arcuate in vetro, giustapposte alle finestre originali, che, oltre a consentire il passaggio della luce e le viste verso il verde del campus, miglioravano l’acustica, perché la loro forma convessa permetteva una buona rifrazione del suono. Per consentire il più possibile la trasparenza acustica delle superfici, si è evitato di realizzare le balaustre delle balconate in “materiale pieno”, preferendogli dei materiali traforati, nella fattispecie ricorrendo a un pattern variato di tondini in ferro (necessari per la robustezza e quindi per la sicurezza dei parapetti), cosicché le onde sonore li potessero attraversare per andare a “rimbalzare” contro le pareti e quindi ottenere un tempo di riverberazione del suono pari a 1,2/1,3 secondi, come da richieste dei consulenti acustici. I tondini in ferro sono rivestiti con una vernice i cui colori variano dal bronzo all’oro fino ad arrivare all’argento, così da avere una finitura dai cromatismi cangianti. Le pareti lunghe della sala sono rivestite in legno, una sorta di “cannettato”, che è stato prima impregnato con una colorazione rosso-arancione molto vicina a quella dei legni dei violini di Cremona, omaggio del progettista alle proprie radici. Dopo l’impregnatura, agli artigiani locali l'architetto ha fatto spruzzare con l’aerografo sugli elementi in legno e sui tondini di ferro, precedentemente bronzati, un velo con due diverse mani di doratura, una più calda e una un po’ più fredda, per rendere indistinguibili legno e metallo in modo da «realizzare - afferma Palù - una fusione armonica generale, un’osmosi di materiali, così come volevo rappresentare in questo grande abbraccio dato dalle balconate un’osmosi fra suono e architettura, che è la ricerca che caratterizza l’auditorium». Le pareti di fondo si contrappongono per colori e materiali alle altre due, l’obiettivo era inserire nell’atmosfera materiale della sala due elementi dissonanti contrapposti all’armonia generale, così come quando all’interno di una composizione musicale, per esempio di Brahms o Mozart, improvvisamente il ritmo diventa sincopato e si altera. I fondali, che non sono uguali, sono stati realizzati con pannelli metallici sui quali sono state stampate due parti diverse della foto satellitare dell’arcipelago di Stoccolma di cui sono stati mantenuti i colori. Le porzioni di mare, invece, sono state realizzate in acciaio inox lucidato a specchio, così da creare «un effetto di riflessioni irregolari capaci di creare un’interlocuzione fra il pubblico e l’immagine che hanno alle spalle». Tutti i pannelli sono microforati, con una percentuale di fori superiore al 50% della superficie, per ragioni acustiche. Dietro i pannelli si trova il materiale fonoassorbente. Il soffitto della sala ha un pacchetto di isolamento termico sotto il quale, a fare da controsoffitto, sono stati messi cinque strati di cartongesso, così da avere una massa di 40/50 kg/m2, necessaria per ragioni acustiche. Al principio la finitura del controsoffitto doveva essere una sorta di omaggio al genius loci e al grande maestro svedese Erik Gunnar Asplund, che nella vicina biblioteca aveva realizzato delle estroflessioni “a bolla”, ma il risultato deludente ha spinto Palù a cambiare e a proporre una rigatura sullo strato di intonaco, ottenuta con un pettine ad hoc, che consentiva di realizzare delle righe molto sottili che a mano a mano si allargavano così da produrre una specie di vibrato. Palù definisce la Queen Silvia Concert Hall un gesamtkunstwerk, ossia un’opera d’arte totale, perché ha progettato tutto, dalle poltrone, giocate sui colori dell’aurora boreale che sfumano salendo verso l’alto, alle sedute fino alle luci. In particolare risaltano i corpi illuminanti a forma di tromba appesi al soffitto, essi sono stati realizzati iItalia. Sono in fibra di vetro, successivamente sono stati metalizzati con un processo che li ha resi in parte cromati e in parte dorati. L’illuminazione della sala e le lampade hanno fatto vincere a Giorgio Palù il prestigioso premio Premio Luce - Interior 2022.
«Quando ho presentato il progetto ai clienti e al sovrintendente, prima di raccontare il concept, in assoluto silenzio, ho fatto vedere per due minuti il filmato di una danzatrice ritmica che faceva fluttuare in cielo il nastro rosso. È stata questa l’ispirazione di progetto: l’idea di qualcosa di leggero, svolazzante, che si librava nel vuoto con una freschezza e una fluidità che io trovavo solo nei movimenti armonici della danzatrice», Giorgio Palù architetto
Scheda progetto
Client: Lilla Akademien
Location: Norrtullsgatan 14, 113 45 Stockholm, Sweden
Use: concert hall
Date: 2016-2022
Project team: arch. Marcello Cesini, arch. Davide Andrea Nolli, arch. Alessandra Dall’Ara, arch. Francesca Gallina, arch. Martina Varoli, interior designer Sara Cavazzoni
Lighting design consultant: Light Bureau Limited - Daniel Hodierne Senior
Lighting Designer Structural engineering: Geosigma Konstruktion AB - Ing. Zanna Rydgren Acoustic design: Nagata Acoustic - Dr. Yasuhisa Toyota - Dr. Marc Quiquerez
Services design: Notos Consult AB - Johan Håkansson
Contractor: NCC AB, con sede a Solna, Stoccolma, Svezia
Photos: Roland Halbe
1 La Lilla Akademien combina oggi un’educazione musicale di alta qualità con un programma accademico integrato e insegna a bambini e giovani adulti dai 4 ai 25 anni.
2 Cit. di Giorgio Palù in Marco Bencivenga, “Il nuovo gioiello di Palù: «Una concert hall elegante e leggera come un nastro»”, in «La Provincia. Cremona», 07 giugno 2022, in https://www.laprovinciacr.it/news/cultura-espettacoli/387361/il-nuovo-gioiello-dipalu-una-concert-hallelegante-e-leggeracome-un-nastro.html.
3 Su richiesta della committenza Palù ha ideato una scultura che si rifà agli schizzi originali ed esprime in modo poetico la circolarità e l’evoluzione del pensiero architettonico e lo spirito musicale che osmoticamente si fondono in un’unica entità. Per richiamare il nastro delle danzatrici l’architetto ha «utilizzato elementi ad andamento sinuoso e curvilineo che sembrano galleggiare nell’aria, in apparente assenza di gravità. In realtà, alle estremità sono vincolati ad anelli di marmo che ricordano le forme degli antichi teatri greco romani. L’opera è stata installata nei corridoi di ingresso alla sala, accanto al monolite in granito nero in cui sono incisi i nomi dei finanziatori del progetto, a partire dal capofila Stephan Person, presidente e figlio del fondatore di un’eccellenza svedese come H&M», in Bencivenga, cit.
4 La citazione di Hans Scharoun è riportata in Alessandro Sassu, La Philharmonie di Hans Scharoun, Dedalo libri, Bari 1980, p. 12.
5 Ibid., p. 13.
6 Giorgio Palù in Bencivenga, cit.
7 Ivi.
8 Ivi.