Ubicato strategicamente nelle terre che furono della famiglia nobiliare dei Villena, il Castello di Garcimuñoz, nell’attuale provincia di Cuenca, è una stratificazione di elementi costruttivi risalenti a diverse epoche, dal XII° secolo, periodo a cui risalgono i resti archeologici di una fortezza moresca presenti al livello inferiore, fino al XVIII° secolo, periodo a cui risale la attuale chiesa che occupa il lato meridionale del complesso. Nella sua lunga vita, il Castello ha avuto svariati usi: difensivo, palazzo nobiliare e, dal 1708, chiesa. Prima del nuovo intervento, la lettura della storia di questo complesso non era semplice per il visitatore, poiché la sovrapposizione delle varie epoche non ha solo portato alla costruzione stratificata di elementi eterogenei, ma anche alla demolizione di parti consistenti, come, per esempio, le due torri distrutte nel 1408, all’epoca della sconfitta degli occupanti del Castello da parte dell’alleanza dei Re Cattolici, che non rendeva semplice distinguere le parti a uso difensivo del complesso. Differenti epoche e tecniche costruttive, demolizioni, dislivelli e scarso stato di conservazione rendevano perciò difficile la fruizione e la visita del Castello. Da queste considerazioni nacque la volontà di un progetto di restauro, recupero e rifunzionalizzazione che interessasse tutti gli elementi del complesso, temporaneamente ceduti dal proprietario, la Chiesa Cattolica, al Governo Spagnolo; ovvero tutte le aree del Castello escluso l’edificio di culto sulla facciata sud. Gli obiettivi principali dell’intervento sono stati, in primo luogo, consolidare la costruzione storica arrestando il processo di degrado, a cui si è aggiunta la volontà di destinare questo luogo a usi pubblici di carattere culturale, che rendessero visitabili e accessibili a tutti, senza ostacoli, le parti storiche e includendo all’interno nuove funzioni, come cinema all’aperto, aree per esposizioni temporanee, biblioteca e sala lettura, spazi per degustazioni e terrazze panoramiche.

Izaskun Chinchilla vede il suo intervento come un testo. Differenti circostanze storiche, sociali e culturali hanno reso il Castello uno spazio costituito da una moltitudine di “frammenti incompleti”. Il suo progetto è più assimilabile a un intervento d’arredo che a un edificio di nuova costruzione ed è un “sistema ortografico” in cui i nuovi elementi architettonici sono “pezzi” piccoli e leggeri, come i punti e le virgole in un testo, la cui collocazione contribuisce alla lettura dell’intricata eredità storica: un’architettura leggera che si distingue chiaramente pur non essendo un vero edificio, ma un insieme di ponti, piattaforme, scale e terrazze. La loro localizzazione puntuale tenta di separare i resti di periodi differenti, isolando la visione di elementi architettonici che non erano stati pensati per essere visti contigui, in contemporanea, cercando così di favorirne la lettura. La grande piattaforma pedonale di metallo e vetro colorato separa quindi il castello dai resti archeologici della fortezza sottostanti, mentre la passerella sul lato nord unisce le parti difensive del XV° secolo a quelle successive del XVI° destinate alla residenza nobiliare, facendo passare il visitatore all’altezza delle cinque grandi finestre che denunciano e sono tipiche di una funzione che si era modificata passando da protettiva a abitativa. È stato come un “lavoro di un decifratore che cerca di riorganizzare un testo del passato a cui mancano alcune parti”. Un’altra considerazione importante che ha influenzato le scelte di progetto è che il Comune in cui si trova, che prende proprio il nome dall’edificio, ovvero Castillo de Garcimuñoz, ha meno di 200 abitanti; ciò implica una forte limitazione delle risorse economiche disponibili per la gestione del complesso. Infatti, il Governo Spagnolo ha finanziato il progetto di riqualificazione, ma sarà questo piccolo Comune a dover poi gestire l’edificio e a occuparsi della manutenzione. L’ubicazione del Castello è però fortunata, a fianco dell’autostrada che collega Madrid a Valencia, e gli permette già di avere un buon afflusso di turisti, soprattutto nella stagione estiva.

La considerazione delle scarse risorse, unita al dato dei visitatori essenzialmente stagionali, ha influenzato fortemente le scelte di progetto. Le conseguenze più immediate sono state la riduzione degli spazi con necessità di dotazioni impiantistiche e l’adattamento ai diversi usi nel corso dell’anno. La maggior parte dello spazio utile si userà nei giorni con un buon clima, quando le strategie passive adottate renderanno al meglio, ovvero in un periodo di 8/9 mesi, che include il momento di maggior afflusso turistico. Gli spazi culturali fruibili al pubblico, che nella bella stagione arrivano a 2.000 mq, nella stagione invernale si riducono a circa 200 mq, con forte diminuzione dei costi energetici e di gestione. Ne consegue un progetto che, rispettando il budget, ha realizzato elementi a basso costo di costruzione e di gestione che sono totalmente reversibili e puntano sull’uso dell’acciaio zincato e del colore come innesti che li rendono chiaramente distinguibili e reversibili, rispettando le prescrizioni contemporanee presenti negli accordi internazionali sugli interventi sull’architettura storica.

LA COPERTURA PRATICABILE COLORA L’ARCHEOLOGIA
I resti archeologici siti nella ex Piazza d’Armi sono coperti da una piattaforma pedonale di vetro colorato e grigliati metallici con lo scopo di proteggerli dalla pioggia e dall’accesso di luce solare diretta. Il funzionamento passivo di questo luogo porta all’aumento della temperatura in inverno, per l’effetto serra dovuto ai vetri, garantendo, al contempo, una buona ventilazione estiva grazie a quaranta camini solari innestati sulla piattaforma che sfruttano e attirano l’aria fresca proveniente dalla cripta della chiesa. I camini sono alti 3,45 m e, oltre a portare luce al piano inferiore e attivare la ventilazione grazie alla sommità apribile, sono anche teche per esporre oggetti. Gli ombrelli parasole colorati, invece, sono alti 5,2 m. La piattaforma si regge su pilastri sottili di acciaio zincato e colorato, che poggiano su una trave di acciaio laminato che li raccorda; la trave è connessa al suolo tramite pochi appoggi puntuali le cui fondazioni sono costituite da micropali di calcestruzzo da 13 cm di diametro rinforzati con tubolari d’acciaio a vista, emergenti, a cui si connettono le travi che raccordano le basi delle piccole colonne sovrastanti. La loro posizione è stata individuata tra i pochi punti in cui non erano presenti resti archeologici, uno dei vincoli maggiori nel disegno della forma e dei percorsi dello spazio sottostante. Questo ha portato a individuare linee non parallele sul terreno, dovute alla giacitura dei vari resti; queste linee hanno guidato la geometria finale della piattaforma. Quasi tutti gli elementi inclusi nel progetto possono essere trasportati da due persone ed essere completamente smontati, nell’ottica di un progetto interamente reversibile. Per questo motivo, si sono evitate unioni saldate, usando largamente unioni bullonate. Questo ha forzato la progettazione ad avere solo piccole sezioni per travi e pilastri che, di conseguenza, li porta a essere molto ravvicinati, con un piccolo e inusuale interasse attorno al metro, rendendo ancora più difficile il loro posizionamento a terra senza toccare i resti archeologici.

NUOVI SPAZI PUBBLICI PER LA CULTURA, COLORATI, ECONOMICI E REVERSIBILI I nuovi spazi per usi culturali sono localizzati nel nuovo volume del “prisma”, che connette il livello inferiore dei resti fino alla terrazza panoramica della Torre di nord-ovest, la piattaforma, il ballatoio e le due torri. La torre dell’Omaggio è costituta da due spazi a cupola di laterizio sovrapposti e anticamente sormontati da una piattaforma per l’artiglieria. La cupola superiore, che copriva quella che era la Sala del Trono, mostrava forti fenomeni di salinazione dovuti a interventi risalenti agli anni ’70, risolti grazie a una copertura di calcestruzzo impermeabile che evita le infiltrazioni di acqua dall’alto, a cui è seguito il consolidamento e la pulizia dai sali di entrambe le cupole. Entrambe le torri sono state dotate di un lucernario di acciaio e vetro in sommità, piano per quella nord-ovest e a imbuto per quella dell’Omaggio, sovrastati da nuove piattaforme panoramiche. La presenza di due cinema all’aperto ha richiesto una scelta attenta delle sedie da esterni. Da una prima analisi, si comprese che la maggior parte delle sedute in commercio, in plastica, non erano compatibili con il contesto storico del Castello. Inoltre, essendo i nuovi usi legati ad attività culturali, si voleva che anche le sedie fossero un omaggio alla storia del design. Da qui, si è pensato al divano Marshmallow di George Nelson del 1954 per il cinema in quota e allo sgabello Mezzadro di Achille Castiglioni del 1954 per quello a terra. Sentite sia Zanotta che Vitra, produttori dei pezzi, entrambe hanno segnalato la impossibilità di studiare una versione da esterni dei prodotti, essendo i costi di ricerca incompatibili con una produzione industriale di così pochi pezzi. Ma, hanno incoraggiato Izaskun Chinchilla a proporre prototipi ispirati ai loro pezzi storici. La versione proposta nel Castello di Garcimuñoz, sostituisce, quindi, parte dei materiali originali, soprattutto plastiche e tessuti, con legni tropicali densi e ad alta durabilità. Arrivare al risultato ha richiesto un forte sforzo a tutti i soggetti coinvolti, progettisti, cliente e impresa, per interpretare le normative sull’accessibilità, le norme sui materiali e la protezione del patrimonio storico/artistico, nonché la valorizzazione della tradizione mediterranea nell’uso dello spazio aperto e l’estensione delle attività nelle ore notturne nel periodo estivo.

Scheda progetto
Progettista: Izaskun Chinchilla Moreno
Committente: Spanish Ministry of Public Works
Periodo di costruzione: 2010 - 2016
Total castle area: 3,117 mq
Costo: 3.4 milion euro
Localizzazione: Cuenca, Spain
Collaboratore: Carlos Jimenez Cenamor
Progetto strutture: Fhecor Ingenieros Consultores, Roberto Marín Sampalo
Progetto impianti: R.Úrculo Ingenieros Consultores
Consulenza costi e sicurezza: Julio Hernánz Cabila
Archeologo: Joaquim Parcerisas Civit
Imprese principali: Cleop (2010-2013), Sustrasal (2013-2016)
Supervisione: Izaskun Chinchilla Moreno (director), Carlos Jimenez Cenamor (co-director March 2010 – December 2011)
Supervisione tecnica: Urbano Chousa
Direzione lavori e coordinamento della sicurezza: D-Fine (2010-2015), Urbano Chousa Álvarez (2015-2016)
Supervisione: Castilla La Mancha
Heritage: Lorenzo Castellanos and Carlos Villar
Spanish Minister of Public Works: Emilio Larrodera
Special supervisor in the Spanish Minister of Public Works to check technical building Code satisfaction: Javier Sierra
Controllo qualità sul sito: Intercontrol Levante
Progetto preliminare: 2003
Progetto Esecutivo: 2005
Approvazione progetto esecutivo: 2008
Inizio dei lavori: 2010
Superficie del Castello: 3,117 mq
Superficie libera del recinto interno: 1,062 mq
Superficie occupata dalla chiesa: 1,172 mq
Costo: 3.4 million euro
Photos: Imagen Subliminal

Arketipo 106, Colore, ottobre 2016