L’ampliamento del museo, realizzato da Herzog & de Meuron, si è reso necessario pochi anni dopo l’inaugurazione della Tate Modern nel 2000, realizzata dagli stessi architetti, a causa dell’enorme successo di pubblico: circa 5 milioni di persone all’anno, pari al doppio dei visitatori previsti. Se per la Tate Modern si era scelto, nel 1995, di restaurare la centrale elettrica di Bankside con sole piccole modifiche, per l’ampliamento i progettisti hanno preferito un approccio diverso: una torre di nuova costruzione alta 64 m, 11 livelli, circa 3.000 m² alla base (un aumento del 60% della superficie totale del museo), 23.600 m² ad accesso gratuito; solo il materiale delle facciate richiama l’edificio originale benché venga utilizzato in modo totalmente differente. All’epoca della scelta del sito della Tate Modern, sostenuta dall’attuale direttore Nicholas Serota, il quartiere Southwark non ospitava aziende ed edifici degni di nota: le istituzioni giudiziarie, religiose e politiche erano situate a nord, di là dal fiume. Il museo è stato però capace di fungere da volano per lo sviluppo del quartiere, attirando nuovi capitali e nuovi abitanti, rendendo più vivace e ricco il quartiere un tempo dimenticato. L’ampliamento, inaugurato nel giugno 2016, continua l’opera già iniziata, collegando la riva sud del fiume (e il nord della città attraverso il Millenium Bridge) con il quartiere Southwark grazie alla nuova piazza e al nuovo ingresso meridionale, idea già presente fin dal primo progetto. La Tate Modern in questi anni ha raccolto ed esposto molte opere di artisti stranieri, arrivando a rappresentare più di 50 Paesi; la sua inaugurazione, il 17 giugno 2016, qualche giorno prima del referendum sulla Brexit, può essere vista come “un’affermazione dell’apertura della città di Londra e il rifiuto a un suo isolamento”.

Per l’estensione della Tate Modern i progettisti hanno recuperato i serbatoi circolari esistenti della centrale elettrica, i Tanks, che alimentavano le caldaie della Boiler House e poi le turbine della Turbine Hall: sono stati trasformati in spazi per le esposizioni dal vivo, ricordando in ogni momento ai visitatori la destinazione d’uso precedente dell’edificio. Gli architetti hanno creato una varietà di spazi differenti nel museo, per soddisfare il bisogno di flessibilità, improvvisazione, adattamento e cambiamento che possono crearsi all’interno: sale di esposizioni dalle forme più o meno convenzionali, aule didattiche, aule multimediali, uffici, ristoranti, bar, negozi, spazi per i docenti, spazi studio ecc. Le aule più classiche, quelle a pianta rettangolare, sono presenti nei primi quattro piani, mentre ai livelli superiori sono posti i locali più informali, organizzati attorno a una scala elicoidale denominata boulevard verticale, idea presente fin dalle prime fasi progettuali. Dai serbatoi al piano seminterrato parte il boulevard verticale che attraversa tutti i livelli della torre di nuova costruzione fino all’ultimo piano, dove è presente una terrazza panoramica. La torre, denominata Switch House, può essere vista come la ciminiera della Boiler House, trasformata e abbassata attraverso una torsione ad asse verticale, rivestita da una pelle in mattoni traforati che richiama l’edificio storico e rende omogenee le due fasi costruttive del complesso, unite tra loro anche attraverso due passaggi autonomi attraverso la Turbine Hall ai livelli 1 e 4. La torre sfrutta la luce naturale diurna negli spazi perimetrali, mentre diventa una lanterna durante le ore notturne, grazie alla permeabilità della parete traforata, assimilata a un velo dagli architetti, che sembra cambiare texture secondo la posizione dell’osservatore. L’architettura della nuova ala richiama volutamente la storia del sito di progetto, con materiali grezzi e strutture di calcestruzzo armato lasciate a vista: è stato necessario un attento controllo durante le fasi di getto dei nuclei cementizi e di assemblaggio delle parti prefabbricate.

Tate Modern sperimenterà nuove modalità di esposizione grazie alla sponsorizzazione di BMW: saranno organizzati eventi a larga scala, performance dal vivo in streaming, workshop e conferenze con l’idea di provocare un dibattito su come l’arte influenzi i cambiamenti intellettuali, sociali e fisici. Nei prossimi anni la Tate Modern cercherà di modificare il modo di interagire con il pubblico, privilegiando i contenuti digitali e la possibilità di personalizzare ogni visita: un’applicazione smartphone per fruire delle esposizioni in modo più approfondito, in contrapposizione alle audioguide standardizzate; pannelli interattivi per richiedere informazioni aggiuntive, ma anche disegnare le proprie reazioni; sale progettate da premi Oscar per gli effetti speciali. Tutto questo realizzato anche attraverso la sponsorizzazione, ormai consolidata fin dal 2000, di Bloomberg Philanthropies. La costruzione della Switch House, amministrata e organizzata dai consulenti di Mace, si è svolta in due fasi: una prima fase riguardante i Tanks, che sono stati completati e aperti al pubblico nell’estate delle Olimpiadi di Londra 2012; la seconda fase riguardante gli 11 livelli fuoriterra della torre, la cui costruzione è terminata nella primavera del 2016. Durante la costruzione, durata più di 5 anni, il museo ha però continuato a funzionare: si è dovuto garantire quindi un elevato grado di sicurezza, limitando i rumori, le emissioni di polveri, controllando attentamente l’arrivo e la partenza di ogni materiale.

UN PROGETTO COMPLESSO
Per l’estensione della Tate Modern molti consulenti esterni hanno lavorato fin dalle fasi preliminari per evitare imprevisti nelle fasi più avanzate della costruzione. Per quanto riguarda l’illuminazione, progettata da Arup, si è privilegiato l’uso di luce naturale per gli spazi connettivi, le aule didattiche, il ristorante e gli uffici, grazie all’involucro traforato che permette un’illuminazione uniforme. Per gli spazi espositivi si è, invece, progettato un sistema adattabile alle diverse opere d’arte esposte, dove luci fluorescenti e led permettono un risparmio del 20% rispetto allo standard BREAM e del 50% rispetto alle classiche alogene. La progettazione antincendio è partita dal progetto preliminare del 2009 per poi completarsi a opera dei consulenti e con l’aiuto dell’impresa costruttrice. Per garantire la sicurezza dei visitatori e delle opere d’arte si è studiato l’uso degli spazi, il tipo di incendio che avrebbe potuto svilupparsi, il movimento del fuoco, del fumo e dei visitatori in caso di emergenza e si è collaborato con i vigili del fuoco. La sostenibilità è stata affidata a Max Fordham che ha previsto una progettazione per fasi: prima le misure passive, in seguito sistemi meccanici ed elettrici efficienti e, infine, l’uso di energie rinnovabili. Le strategie passive utilizzate sono la ventilazione naturale, l’uso della massa termica per accumulare i carichi interni, la ventilazione notturna per scaricare termicamente l’edificio, la già citata illuminazione naturale e il controllo dell’irraggiamento solare attraverso la facciata perforata per ridurre il surriscaldamento in estate. In seguito, si è recuperato il calore dei trasformatori elettrici della città presenti nell’edificio, pari a circa 500 kW, ottenendo acqua a 53 °C e soddisfando il 65% dell’energia richiesta in inverno. Per raffreddare gli spazi nella stagione estiva viene utilizzata acqua di falda a 14 °C direttamente nelle batterie delle UTA e nelle zone con pannelli radianti; l’energia viene utilizzata solamente per il pompaggio dei fluidi, arrivando a un EER pari a 20 (rapporto tra energia fornita ed energia emessa: 1 kWh di energia elettrica fornisce 20 kWh di energia per raffreddamento), il restante fabbisogno viene realizzato con pompe di calore acqua-acqua con EER di 6. Infine, sono stati installati circa 400 m² di pannelli fotovoltaici per una potenza di circa 82 kWp sulla copertura della stanza delle turbine. In tal modo si è riusciti a ridurre il consumo energetico e l’emissione di CO2 per metro quadrato di oltre il 70% rispetto all’esistente.

 

FACCIATA A GEOMETRIA VARIABILE: MATTONI ED ELEMENTI PREFABBRICATI
La facciata in mattoni deriva da un lungo processo di ottimizzazione partito con il concorso internazionale del 2007 in cui gli architetti avevano proposto una facciata di vetro, in seguito scartata perché richiamava troppo le comuni torri commerciali della City. Si è optato, quindi, per un velo di mattoni con colori che richiamano la costruzione esistente, ma utilizzati in modo innovativo con forme che si discostano dalla tradizione. La facciata di mattoni segue le pieghe del volume troncopiramidale, è traforata, permettendo il filtrare della luce naturale di giorno e di quella artificiale di notte, e viene talvolta interrotta dai tagli orizzontali delle grandi finestre, posizionate ad altezza del visitatore e a soffitto, permettendo così un naturale ricambio dell’aria per quelle aree dove non è richiesto un rigido controllo climatico. L’elemento componente la facciata è un doppio mattone derivante dall’incollaggio con malta a base di polimeri di due mattoni da 215x215x69 mm, operazione realizzata in stabilimento con tolleranza massima di 1 mm: in seguito, questo doppio mattone viene fissato agli altri attraverso spinette di acciaio inox fissate con resine e guarnizioni elastomeriche e si appoggia puntualmente a mensole fissate alla struttura retrostante. In questo modo la facciata riesce a non avere giunti di dilatazione, ma sopporta le deformazioni da vento e da carichi termici lavorando ad arco tra le mensole; proprio grazie al processo di assemblaggio a secco è stato possibile continuare la costruzione con qualsiasi condizione atmosferica, permettendo un risparmio temporale di circa 20 settimane. Le mensole per i mattoni sono fissate a pannelli prefabbricati piani, fissati a loro volta alle strutture perimetrali della torre creando una intercapedine per l’isolamento. Le strutture portanti perimetrali sono anch’esse prefabbricate e sono realizzate con uno schema ad albero, dove a un pilastro verticale si collegano varie travi orizzontali che scandiscono l’organizzazione degli spazi interni. Queste strutture sono lasciate a vista: il controllo delle finiture superficiali è risultato di primaria importanza sia per le parti strutturali, realizzate con casseri autorampanti, sia per le parti di tamponamento; come anche la progettazione per il passaggio dei cablaggi impiantistici, non a vista, ha richiesto una precisa coordinazione tra gli strutturisti, gli impiantisti e i prefabbricatori. Anche il controsoffito è realizzato in pannelli prefabbricati di calcestruzzo, per dare maggiore massa termica all’ambiente.

Scheda progetto
Progettista: Herzog & de Meuron
Committente: Tate Modern
Periodo di costruzione: 2010 - 2016
Superficie lorda: 23,600 mq
Costo: 304 milion euro
Luogo: London, UK
Architetti principali: J. Herzog, P. de Meuron, A. Mergenthaler, H. Gugger
Team di progetto: J. O’Mara, K. Monney, B. Duckworth, C. Zeller
Consultente arredamento: Jasper Morrison
Controllo costi: Aecom
Ingegneria facciate: Billings Design Associates
Consulente acustico e fuoco: Arup
Consulente facciate e strutture: Ramboll UK
Project manager: Gardiner & Theobald LLP
Progetto spazi commerciali: Uxus
Progetto impianti: Max Fordham Consulting Engineers
Progetto paesaggio: Vogt Landschaftsarchitekten
Segnaletica interna: Cartlidge Levene with Morag Myerscough
Concorso: 2005
Periodo di progettazione: 2005 - 2012
Impresa principale e responsabile del progetto: Mace
Photos: Iwan Baan, Roland Halbe, Arup - Paul Carstairs, Ramboll, Lobster Pictures, Kai Richters, Gabriele Masera

Arketipo 105, Materiali Naturali, settembre 2016