Come ha affermato lo scrittore e filosofo Jean- Christophe Bailly, alla città di oggi non si addice il modello della crescita, ma piuttosto quello della guarigione. Se Peter Zumthor nel Kolumba Museum di Colonia si prende cura di un tessuto urbano devastato dai bombardamenti innestando il nuovo intervento sulle rovine di una chiesa tardogotica, il museo di Hasselt progettato da Francesca Torzo - ex collaboratrice dell’architetto svizzero - interviene in un brano storicamente stratificato di una cittadina medievale del Limburgo belga con una simile attitudine alla riparazione di legami potenzialmente interrotti. Il muro di cinta continuo in mattoni di un complesso di beghinaggio settecentesco, parzialmente distrutto dai bombardamenti del 1944 e lungo il cui perimetro si colloca il nuovo edificio museale, è la potente matrice insediativa da cui il progetto prende le mosse. Il beghinaggio individua una condizione atipica all’interno di un centro storico medievale e compatto come quello di Hasselt, introducendo una diversa scala del vuoto e un senso di orgogliosa separazione dal continuum urbano, come una sorta di “città nella città” dotata di particolari forme di socialità. I pochi accessi dalla strada presiedono ai diversi gradi di comunicazione con il resto della città di questa vera e propria “isola” urbana, caratterizzata da un giardino interno e da una serie di preesistenze architettoniche.

Il progetto di Torzo si pone in continuità con tale struttura morfologica e antropologica fortemente caratterizzata, come un nuovo fraseggio che pur con diversi toni prosegue il discorso già avviato dal sistema di relazioni urbane presenti sul luogo. Come a volere rimarginare le recenti fratture fra oggetto architettonico e città, il progetto evita toni troppo alti e stridenti per sostenere la possibile coesistenza di monumento e tessuto, vecchio e nuovo, in un unico manufatto il cui senso si dà nel continuum urbano di cui fa parte. L’intervento - commissionato all’architetta italiana a seguito di un concorso internazionale aggiudicato nel 2011 e risultato di un cantiere record (da giugno 2017 a novembre 2019 per 365 giorni lavorativi, con un budget di soli 7 milioni di euro per 4.600 mq) - consiste nella riqualificazione e nell’ampliamento del museo esistente, ricavato negli anni Cinquanta sul lato ovest di questa enclave approssimativamente triangolare. Il programma di Z33, vitale polo decentrato per l’arte contemporanea che ha recentemente riportato la cittadina belga al centro di una ricca vita culturale, si dipana così fra il vecchio e il nuovo contenitore architettonico senza soluzione di continuità, entrando di volta in volta in dialogo con condizioni spaziali assai diverse, eppure capaci di risonanze reciproche. Proseguendo idealmente il volume dell’edificio preesistente, il nuovo corpo edilizio rinsalda uno dei lati del perimetro del beghinaggio comportandosi come un bordo ricettivo, disposto a mediare fra un interno raccolto e silenzioso, forte della sua alterità, e il fronte urbano esterno affacciato su strada. Le due facciate si connotano infatti reagendo alle sollecitazioni dell’intorno: la prima offre verso il giardino una delicata partitura di finestre, che dialogano in ritmo e proporzioni con quelle del museo esistente e dell’ottocentesca fabbrica di gin su cui affacciano; la seconda accompagna la passeggiata urbana con un fronte quasi impenetrabile lungo 60 m e alto 12, dotato di un unico giunto di dilatazione in corrispondenza della piega con cui asseconda l’andamento della strada. Al contempo fondale “ambientale” atto ad accogliere ombre e luci di passaggio e muro nella sua accezione più archetipica, la facciata esterna - una muratura armata a strati di acciaio e mattoni priva di intercapedine che si rifà in parte a quella del Kolumba Museum - rinnova sapientemente la qualità materica del muro di cinta preesistente grazie alla cura quasi religiosa dedicata alla tessitura, alla cromaticità e all’orditura del suo elemento costitutivo, ovvero il mattone romboidale rosso scuro assunto a unità di misura dell’intero edificio.

Fatto a mano e posato in una sorta di opus reticulatum che si differenzia nettamente dalle eterogenee murature di laterizio che lo circondano, il mattone è la raffinata cifra artigianale su cui l’ampliamento fonda la sua capacità di segnalarsi come una nuova stratificazione, che richiede e concede a chi c’era già il tempo necessario per essere assimilata. Delle tre bucature prive di infissi che scavano il muro rafforzando l’astratta monumentalità del prospetto su strada, i portali fuoriscala posti alle due estremità opposte introducono ad altrettanti patii che - insieme alla strada interna a tutta altezza e in leggera salita che corre parallelamente alla facciata - mediano il passaggio fra interno ed esterno, fra una dimensione più pubblica e una più domestica. Questo sistema di spazi intermedi anticipa la sequenza labirintica delle stanze nelle gallerie espositive, poste su un livello lievemente rialzato rispetto alla città, connettendo così la topografia della strada e quella del giardino. L’interno dell’edificio evoca in una scala ridotta il microcosmo urbano del beghinaggio, con le sue enfilades e gli scorci su prospettive inattese offerti dai varchi aperti nell’involucro murario, che moltiplicano le soglie e prolungano l’esperienza urbana all’interno del complesso. Gli interni pennellati a calce bianca acquistano un carattere metafisico grazie al trattamento delle cornici delle aperture - sagomate in modo da annullare lo spessore dei muri divisori e consentire agli ambienti di fluire gli uni negli altri - e alla raffinata finitura a cassettoni dei soffitti, che riprende la forma romboidale del mattone e sottolinea le geometrie variabili degli ambienti. Seguendo la tendenza di molte “case” per l’arte contemporanea sorte negli ultimi decenni a rifuggire dall’uniformità del classico white cube per offrire spazi espositivi dotati di qualità spaziali e atmosfere diversificate, l’ampliamento misura la sua distanza critica dal museo esistente, pur intrattenendo con esso sottili legami di parentela. Continuità pur nella frammentazione sono quindi i principi alla base di un gesto riparatore e rispettoso del contesto, in grado di saldare una certa tradizione tipomorfologica europea con la capacità di ascolto e cura dell’esistente di alcune voci isolate dell’architettura contemporanea non solo italiana, da Álvaro Siza a Giuseppina Grasso Cannizzo, la cui ricerca indica una via alternativa ai molti gesti iconici che dominano la scena architettonica attuale.

Scheda progetto
Client: Provincie Limburg + Z33
Competition: August 2011 - August 2012
Start design: September 2012
End building: November 2019
Final building costs: 8,1 million excl. VAT, excl. interior furniture
Total building cost per mq: 1,737 € excl. VAT
Design team: Marco Guerra (senior collaborator); Antoine Lebot, Liaohui Guo, Pablo Brenas, Anna Opitz, Riccardo Amarri, Lorenzo Gatta, Előd Zoltan Golicza, Cyril Kamber, Besart Krasniqi, Jovan Minic, Andrea Nardi, Anna Oliva, Costanza Passuello, Alessandro Pecci, Domenico Singha Pedroli, Nicola Torniamenti, Gion Balthasar von Albertini Contractor: THV Houben Belemco SPECIALISTS AND ADVISORS
Structural engineering: stability advisor (facade construction and lacunar ceiling): eng. Gianfranco Bronzini, Conzett Bronzini Partner, Chur, CH; ABT België, Antwerpen, BE Electrical engineering: expo light advisor Ben Boving, Gattoni Piazza, Origlio TI
Mechanical engineering: Gattoni Piazza, Origlio TI
Site supervision: Francesca Torzo architetto
Local administration: ABT België, Antwerpen, BE
Other consultants: Petersen Tegl - Bekaert - Reynaers - Knauf
Surfaces: program 4,664 mq + exterior 300 mq
Volume: new wing 12,600 m³ + wing ’58 11,935 m³= tot 24,535 m³
Competition costs: 6,8 million excl. VAT, excl. interior furniture
Tender appoved offerta: 7,6 million excl. VAT, excl. interior furniture
Final building costs: 8,1 million excl. VAT, excl. interior furniture
Totale building cost per m²: 1,737 € excl. VAT
Awards: Piranesi Award 2018, Premio italiano di Architettura, 2020
Photos: Gion Balthasar von Albertini

Arketipo 175, Reuse, Giugno 2024